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GAZZETTA DELLO SPORT Roma, vai con Zeman II: “Dovevo tornare qui sei anni fa. Ma mi era vietato”

Zeman e Baldini

(A. Pugliese) – “Io mi sento uno normale, che ha fatto calcio anche quando mi hanno penalizzato”. Lo Jedi, come lo ha definito il Wall Street Journal, si ripresenta così. E il bello è proprio la sua normalità (nell’entusiasmo giallorosso), lontana — per ora — dalle lotte contro gli alfieri del male. “Ma io sono tornato perché penso di non poter portare gli stessi danni di allora — dice Zdenek Zeman, al suo ritorno a Trigoria — Voglio bene alla Roma…”.
Ritorno Bentornato, dunque. In Serie A (dove manca dal 2005), nel grande calcio, ma soprattutto a Roma, a casa sua. “Quando andai via, nel 1999, a qualche amico confidai: primo o poi tornerò, anche se è successo un po’ in ritardo”. Già, 13 anni dopo la scelta di Sensi di sostituirlo con Capello per provare a vincere. Anche se, nel 2006, con Calciopoli in pieno atto, Zeman ci aveva sperato: “Ero abbastanza vicino, ma non si poteva. C’è scritto anche in qualche interrogatorio di allora…”. Oggi gli interrogatori sono altri (“Il problema del calcio è che non è credibile, dobbiamo uscire dall’ennesima crisi”), ma stavolta non gli hanno negato il ritorno. “Non parlatemi di rivincite o di rabbia, io dico solo peccato: forse potevo dare qualcosa in più se non mi avessero fatto scomparire dal calcio delle prime pagine”.
La società Daje maestro, col 4-3-3 sbroccamo tutti pe’ te. I tifosi (ieri circa 300 a Trigoria) lo hanno riabbracciato così, tra cori, foto e autografi. La sua scelta, del resto, era l’unica vera miccia per riaccendere l’entusiasmo della gente. “Zeman non è una 3a o 4a scelta — chiarisce Baldini, riferendosi alle trattative dei giorni scorsi con Montella, Villas Boas e Bielsa —. È la scelta, dopo aver valutato cosa era meglio fare. Ed, è chiaro, ha influito anche la sua componente etica e morale”.

Niente più Luis Nessuna continuità, dunque, con Luis Enrique, con cui il boemo ha in comune solo il desiderio di divertire. Niente più tique toque, niente più calcio stile rugby, tutto passaggi orizzontali. “Io rispetto a lui sono più proiettato verso la porta — punzecchia il boemo —. Se sono cambiato? Chi mi criticava lo dice e forse mi conviene dire di sì, anche se non è vero”. E allora occhi puntati sulla fase difensiva (“Per me è sempre meglio costruire che distruggere”), soprattutto da parte di chi Zeman lo considera un «perdente di lusso”. “L’obiettivo è regalare emozioni alla gente, riavvicinarla allo stadio — ribatte il neo tecnico giallorosso —. Ai miei tempi i tifosi si divertivano, lo stadio era pieno. Poi non conosco allenatore o giocatore che non vuole vincere. Ci dobbiamo credere, provare. Gli arbitri? Per me se sbagliano va detto, ma se la società non vuole, mi adeguer”». Ne parleranno, prima c’è la Roma da fare.
Squadra e futuro Per riuscirci, Zeman avrà due sponde chic in Totti e De Rossi. “Come gestirò Francesco? Fa il calciatore, esattamente come il resto della squadra. Daniele invece può giocare al centro, facendo il mediano. Per fare il regista servono altre doti. Gli altri? Ad alcuni che non hanno fatto bene verrà data una seconda chance…”. Zeman riesce a fare anche questo, a resuscitare chi sembra già all’inferno. Una cosa invece che non riesce proprio a metabolizzare è che a Roma il derby vale. E anche tanto. “Per me resta una partita da tre punti. Il derby poi è in tribuna, non in campo”. Sicuro? Stavolta, c’è da giurarci su, imparerà anche questo.

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