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TRABAJO Y SUDOR. La lavagna tattica di ADC

Luis Enrique

Mi sono preso qualche giorno per riflettere, per osservare il campionato della Roma ed in generale. Un’occhiata smarrita, svuotata dalle continue delusioni che la Roma ha saputo regalare ai suoi tifosi e contemporaneamente alla pochezza delle altre dirette concorrenti che hanno riaperto ogni Domenica la lotta al terzo posto. Dopo il pareggio annacquato del Bentegodi, è arrivato il ring a decidere la fine della Lazio e con un colpo da k.o l’Udinese si è riportata lì dove qualcuno non la vedeva più da qualche tempo. L’Inter di Stramaccioni è ancora una creatura bella e fragile per far davvero paura e sul Napoli mi ero già espresso: veleggerà con la pipa in bocca verso la Champions senza affanni nè sorprese. Tutto si appresta a finire senza neanche una vetrina europea ma in casa Roma forse qualcosa di più. Si parlava tanto di Fattore C (Chievo,Cesena e Catania verso l’Europa) naufragato dopo lo 0 a 0 con i clivensi, Fattore L (Luis Enrique ed i suoi pensieri che non stanno dando la giusta direzione al finale di stagione della Roma) e si è finiti a parlare del Fattore AVB (l’uomo della rinascita). Dal clone di Guardiola, etichetta che fra l’altro ha sempre rifiutato per una propria identità, al gemello di Mourinho, assistente dello Special One negli anni nerazzurri. Da un’integralista del 4-3-3 ad un’integralista del 4-3-3. Da un carattere intransigente e presuntuoso che ha saputo guadagnarsi stima ma anche qualche antipatia all’interno dello spogliatoio ad un carattere presuntuoso ed intransigente, simpatico forse solo alla famiglia e molto schivo, riuscito nell’impresa di farsi odiare dall’intero nucleo storico dei Blues. La piazza si è già espressa bollando l’allenatore inadatto oppure perfetto, “no un altro fenomeno mejo de no” a “havvinto tutto ar Porto”. Non sono convinto che sarà lui ma sarei contento qualora lo fosse. Ma il problema è altrove. Non si aspetti tempo: non si aspetti Agosto per costruire una squadra, non si aspetti la tournèè americana per ufficializzare qualche colpo ad effetto, poca teatralità e tanta sostanza. Costruire una squadra solida, completa ed affamata. Giovani si dalle belle speranze ma dalla poca educazione, senza codice etico, dei maledetti che si giocano tutto ogni Domenica. Il tecnico dovrà essere un gestore di un gruppo pieno di convinzione e qualità, non il baluardo a cui aggrapparsi solennemente in attesa che i giocatori si muovino come marionette. Qualità e quantità, ed il tecnico arriverà di conseguenza. Meno show, più football. Quest’anno ci ha insegnato che la musica ed i video nel pre-partita possono sempre essere ammutoliti dai fischi della gente.

A cura di Andrea Di Carlo

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