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IL MESSAGGERO “Non ce la faccio più”

Luis Enrique

(M. Ferretti) – Terminato l’allenamento, ieri pomeriggio alle 15.35, Luis Enrique ha chiesto ad uno dei suoi collaboratori di andare a chiamare i medici e il team manager Salvatore Scaglia, pregandoli di raggiungerlo sul campo B del Bernardini. Poi, una volta verificato che tutti, giocatori, staff tecnico, medici e team manager erano pronti ad ascoltarlo, si è seduto su un pallone, si è piazzato al centro del gruppo che si era radunato in cerchio e, con il dg Franco Baldini e il ds Walter Sabatini ad osservare il tutto da lontano, ha cominciato a parlare, mentre il suo amico Tonino Llorente riprendeva la scena con un cellulare. Dieci minuti di discorso, parole semplici, un concetto chiarissimo. «Vado via». La squadra se lo aspettava. Avevano capito, i giocatori, che una decisione simile era nell’aria. Avevano visto Luis troppo strano, negli ultimi giorni, per non immaginarlo. «Vado via perché non riesco a dare il cento per cento, mi sento svuotato. E in questa maniera non riesco a fare bene il mio lavoro», le parole dell’asturiano. Una vera e propria resa. Volti tirati, silenzio, emozione, anche un filo di delusione soprattutto tra i giocatori. Tra i più colpiti (delusi?) il capitano Francesco Totti e il vice capitano Daniele De Rossi, due che non avevano mai fatto mancare una parola dolce per il proprio allenatore. Lo avevano difeso pubblicamente, lo avevano quasi invitato a non farsi venire brutti pensieri, gli avevano ribadito più volte stima e fiducia. Un uomo irremovibile, Luis. «Questa per me è una sconfitta, ma non me la prendo con nessun altro se non con il sottoscritto», la sua confessione. «Voi giocatori non c’entrate niente, anzi mi scuso con quelli che ho fatto giocare poco ma dovevo fare delle scelte. Mi dispiace non essere riuscito a trasmettere le mie idee, questo sì». Fino all’ultimo, raccontano, i suoi più stretti collaboratori l’hanno invitato, quasi pregandolo, a non mollare, a ripensarci, a farsi una bella vacanza prima di prendere qualsiasi decisione ma tutto è stato vano. Luis ha cominciato a pensare all’addio un paio di settimane fa, poi ha deciso di rifletterci qualche giorno, mettendo comunque al corrente i dirigenti dei suoi propositi, quindi ha scelto la strada dei saluti. Delle dimissioni. Rinunciando, così sembra, anche all’anno di stipendio che ancora ha (aveva) per contratto con la Roma, cioè a 3,1 milioni di euro lordi, bonus esclusi. Un uomo provato, stanco. Ecco quanto confida chi gli è stato accanto nella sua esperienza romana. Un uomo che si è sentito più tradito da se stesso che dagli orrendi risultati ottenuti alla guida della Roma. Un allenatore che aveva dalla sua parte società e squadra ma che, nonostante questo, non se l’è sentita di continuare, mollando il progetto per il quale era stato chiamato dalla Spagna. I tifosi hanno cominciato a contestarlo soltanto dopo la sedicesima sconfitta, l’ambiente non gli è mai stato realmente ostile eppure lui non ha voluto andare avanti. «Io vado via, ma voi ricordatevi che fate parte di una grandissima società», ha detto rivolto ai giocatori, «io non sarò più al vostro fianco ma sarò sempre a vostra disposizione quando e se ne avrete bisogno. Adesso, però, vi chiedo un’ultima cosa: domenica a Cesena vinciamo la partita, almeno andrò via con un ricordo felice», la conclusione del suo discorso. Oggi Luis sarà a Trigoria per il penultimo allenamento in vista di Cesena e domani incontrerà i giornalisti in sala stampa. E spiegherà la sua scelta. Oppure rinvierà tutto alla prossima settimana, cioè a fine campionato. La sostanza, però, non cambia. Domenica andrà in panchina già da ex. La dirigenza ieri ha fatto sapere di non aver nulla da comunicare ufficialmente, forse oggi qualcuno commenterà l’addio dello spagnolo e, alla luce di quanto accaduto, parlerà anche del proprio futuro.

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