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AS ROMA Alicicco (Ex medico sociale Roma): “Ho parlato con Guardiola. Luis Enrique non è arrivato per caso”

Alicicco visita Ancelotti

Nel giorno del ventinovesimo anniversario dello scudetto del 1983, Ernesto Alicicco, ex medico sociale giallorosso, è intervenuto ai microfoni de “La città nel pallone” sulle frequenze 99.8 di RadioIes, per ricordare quella fantastica stagione culminata con la seconda vittoria del campionato italiano nella storia della Roma.

Un ricordo dello scudetto?

“Non si può dimenticare. Vincemmo uno scudetto che non arrivava da tempo e farlo a Roma è l’immensità. Quel giorno non si può dimenticare in assoluto. Eravamo una squadra talmente ben assortita, che nonostante i tentativi di farcelo perdere, non ci riusci nessuno”.

Ricorda un aneddoto di quella stagione?

“Quello che mi fece felice, fu quando dovevamo andare a giocare a Pisa una partita delicatissima. Quando si riunirono i giocatori, Falcao e Di Bartolomei dissero “Andiamo li e vinciamo” e poi segnarono loro due”.

Di Bartolomei?

“Era il vero capitano, aveva un carisma immenso verso giocatori come Nela, Tancredi, Conti, Prohaska e verso la società. Criticava chi doveva criticare quando era il momento di farlo”.

Paragone con la Roma di oggi?

“Era un calcio diverso. Oggi è più esacerbato e più difficile. Prima quando c’era qualcosa, interveniva il personaggio carismatico di turno e la situazione si tacitava ben sapendo che dietro avevi una squadra e uno staff del genere. Non si vince per caso”.

Dino Viola?

“Non c’era solo Dino Viola. Lui aveva i suoi punti cardine. Quella di prima, non si può paragonare con la società di adesso. Conosco i due dirigenti, uno anche di persona e gli devo fare i complimenti. I risultati non sono stati eccezionali, ma Roma non si costruisce in un giorno. Certo non c’è più un personaggio come Viola, ma organizzata bene forse può diventare ancora una società che da fastidio, come noi a quei tempi, quando a qualcuno ad un certo punto la cosa ha scocciato”.

Ci furono casi simile come quello di Osvaldo e Lamela o quello di De Rossi?

“Il Barone era un soggetto al di sopra di ogni sospetto e quando c’era da punire, lui lo faceva. I panni li lavavamo in casa nostra, ora invece trapela tutto. Siamo in un momento in cui la polemica la fa da padrone. Non ci furono casi del genere, anzi si raccontavano leggende. In campo qualche volta ci si azzuffava, ma chi è che non lo fa? Rimaneva tutto li e poi quando noi intervenivamo, il rapporto tra i giocatori si stringeva ancora di più”.

Luis Enrique?

“Io mi rifiuto di pensare che Luis Enrique non sapesse. Per la mia esperienza, un anno ancora glielo concederei, così non avrebbe più alibi. Io ho ottime notizie da persone di grosso affidamento spagnole. Io ho parlato con Pep Guardiola che è un mio fraterno amico e lui parla di Luis in maniera eccezionale. Le polemiche rendono più difficile il lavoro, ma non è arrivato qui per sbaglio”.

Liedholm?

“Il possesso palla se lo era inventato Liedholm. Mi ricordo, che per affermare la sua tesi, diceva “Palla nostra, nessun pericolo”.

Una fotografia dello scudetto del 1982-1983?

“Io ricorderei il secondo gol di Pisa, che ci assicurò la vittoria e stroncò le conccorrenti”.

Fonte: La città nel pallone, RadioIes

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