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IL ROMANISTA. “Fui vicino alla Roma. Ora aspettate Luis”

Giancarlo Antognoni

(M.Macedonio) «Avere investito su un allenatore che crede nei giovani è un ottimo programma» dice Giancarlo Antognoni, sposando in pieno il progetto della Roma. «In generale – continua l’ex regista della Fiorentina e della nazionale – quella della nuova dirigenza mi sembra un’operazione più che valida. Almeno, per la Roma lo è certamente. Non lo sarebbe stato, ad esempio, per la Juventus, avendo necessità di vincere subito. Ma per società come quella giallorossa, così come per il Napoli o la stessa Fiorentina, che non possono puntare subito allo scudetto, ma hanno bisogno di programmare, la scelta di lavorare in questa direzione è quella giusta. A patto di saper aspettare, perché i frutti arriveranno »

Si tratta, insomma, di aver pazienza. 
Esatto. E lasciar lavorare l’allenatore. Tanto più che è straniero e ha ancora bisogno di conoscere appieno la realtà del nostro calcio.

Un suo giudizio sui giovani che compongono questa rosa? So che ha già avuto modo di esprimere parole di grande apprezzamento, ad esempio, per Lamela.
Lui ha grandi doti e un grande futuro, ma non c’è solo lui. Mi piacciono molto anche gli altri. Pjanic, Gago, Bojan, Osvaldo… Tutti giocatori di grande qualità tecnica.

A proposito di Osvaldo e dello stesso Lamela, come valuta l’episodio di Udine e, al di là del vantaggio che potrà trarne la Fiorentina, l’esclusione dell’attaccante italo-argentino nella partita contro i viola?
Ci sono dei regolamenti, anche interni, da rispettare. E probabilmente, la squadra deve aver stabilito qualcosa in proposito all’inizio della stagione. Sono d’accordo con la punizione, perché i giocatori sono pagati anche per mantenere un’etica nei comportamenti. Non è bello vedere il litigio, in quella forma, tra Osvaldo e Lamela.

E’ stato un bene, insomma, che la stessa società lo abbia reso pubblico?
Assolutamente sì. E’ apprezzabile che ci sia stata trasparenza su questo. Ed è vero che cose del genere sono accadute anche in passato, ma a mio parere non dovrebbero comunque succedere».

Domenica potrebbe rientrare Francesco Totti. Come lo vede il capitano a 35 anni?
Bene. Lo vedo bene. Quando ha giocato, ha dimostrato di essere ancora in grande forma.

Che partita sarà, quindi, quella tra i viola e la Roma?
Le due squadre ci arrivano tutt’e due con qualche difficoltà. La Fiorentina ha cambiato allenatore ma, per il momento, i frutti non si sono ancora visti. Si sono date tutte le colpe a Mihajlovic, ma pur avendo lui le sue, di colpe, in questi casi penso sempre che le responsabilità maggiori siano della proprietà. Perché è da lì che parte l’input. Viene prima la società, quindi i giocatori, e solo poi l’allenatore.

Si è parlato molto anche della poca voglia di rimanere manifestata, ad esempio, da Montolivo o Gilardino. Può aver inciso anche questo?
E’ un insieme di fattori. E non nego che anche questo possa aver avuto il suo peso nell’andamento di questo campionato.

Facciamo un salto indietro. Lei, che pure è stato – al pari di Totti – una bandiera nella Fiorentina («Sì,ma Totti lo è di più» mi interrompe), fu sul punto più volte di trasferirsi ad un’altra squadra. Sul finire degli anni 70, si parlò dell’interesse della Juventus, del Napoli e, soprattutto, della Roma. Come andò la storia del suo quasi passaggio in giallorosso, quando a volerla fu quello stesso Nils Liedholm che l’aveva scoperto e fatto acquistare, appena diciottenne, dalla Fiorentina? 
In effetti, la Juve mi cercò nel 78. Ma la Roma, nell’80, è stata l’unica società con la quale ho avuto un rapporto diretto. Ed è stata anche la sola a volermi veramente, fino ad arrivare molto vicina a portarmi via da Firenze. Tanto più che mia moglie è romana e spingeva in questa direzione…

Magari, è anche romanista? 
(sorride) Di sicuro ha in grande simpatia la squadra giallorossa. Ma, a parte questo, ricordo bene come andò. Venni anche a Roma. Dino Viola mi invitò a cena a casa sua, e furono molto carini e gentili, sia lui sia la sua signora. Il presidente mi promise anche tante cose. E non nascondo che Roma e la Roma mi affascinavano molto. Soprattutto per le situazioni favorevoli che si venivano a creare, a partire proprio da Liedholm.

Cos’è che la convinse a restare in maglia viola? 
Era l’anno del cambio di proprietà a Firenze. Arrivarono i Pontello, che promisero a loro volta di investire per rendere più competitiva la squadra. Un po’ come intendeva fare lo stesso Viola. Scelsi di rimanere e, in effetti, qualcosa di buono facemmo. Tre anni a livelli alti, anche se solo con un secondo posto, mentre la Roma avrebbe vinto di lì a poco lo scudetto…

Qualche rimpianto per non averlo potuto vincere e non aver giocato in Coppa dei Campioni? 
Nella mia vita, ho sempre fatto le mie scelte in modo consapevole. E quindi, rimpianti non ne ho mai avuti. Certo, speravo di poter vincere qualcosa di più con la Fiorentina (una sola Coppa Italia, nel ’74- 75, ndr). Così non è stato, pazienza.

Possibilità di tornare nella società viola? 
No. Non mi vuole. E poi, sono da tanti anni in Federazione, dove mi occupo delle Nazionali giovanili. E sto bene così.

Andrà allo stadio, domenica? 
Non ci vado più. La guarderò in tv. Di sicuro, mi aspetto una bella partita.

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