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L’ESPRESSO. Orfani dell’Olimpico

Olimpico

(G. TURANO) – Com’è triste l’Olimpico, soltanto un anno dopo. D’accordo, Roma-Lecce non è una partita di cartello e la tribuna autorità si affolla solo per i big match, quando non solo è importante essere visti ma essere seduti, di preferenza nelle zone alte. Si aggiungano la politica di austerity della Roma all’americana, che nega gli ingressi ai vip su disposizione del direttore generale Franco Baldini, e la crisi di governo che ha fatto mancare persino un habitué come Antonio Catricalà, innamorato della Roma per affinità cromatica con il club della natia Catanzaro. II neosottoscgretario alla presidenza del Consiglio era stato invitato dalla Roma, come al solito, insieme ad Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno romanista. Ma entrambi erano impegnati in una riunione a palazzo Chigi.

Alla fine, hanno resistito quelli davvero motivati a santificare la festa giallorossa. Nel caso, il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri, il collega del Pdl Stefano De Lillo, l’ex deputato nuovo Psi Gerardo Labellarte, il presidente del consiglio comunale Marco Pomarici, il capogruppo Idv alla regione Vincenzo Maruccio, l’onnipresente Gigi Marzullo e buona parte dei tredici consiglieri d’amministrazione del pletorico board romanista.

Tra loro, l’anima in pena Pippo Marra. La gestione Di Benedetto ha, in senso letterale, degradato il fondatore di AdnKronos dai quartieri nobilissimi della fila 11 e 10, dove alloggiava ai tempi dei Sensi, di cui erta intimissimo, alla fila 6, là dove aveva fissa dimora per questioni scaramantiche l’ex presidente Rosella. Marra non ha ancora smesso di protestare per la discesa nella piramide del prestigio e, appena trova posti vuoti, si sposta nelle file più in alto. Marra ha dovuto anche subire, insieme agli altri consiglieri, la riduzione dei biglietti a disposizione. Da una mezza dozzina la società è scesa a uno, che il giornalista-imprenditore ha girato all’amico generale Michele Adinolfi, indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento di Luigi Bisignani nell’inchiesta P4.

Per il resto, domenica 20 novembre c’erano ampi vuoti fra le 230 poltroncine imbottite azzurre che l’As Roma condivide con il Coni, proprietario dell’impianto. II comitato olimpico nazionale, in quanto ente pubblico, è diventato il bersaglio delle richieste da “fonti istituzionali” che l’As Roma respinge. Qualche nome? Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto è stato costretto a rivolgersi all’amico Gianni Petrucci, presidente dei Coni che supervisiona personalmente la lista degli invitati. Cicchitto, accusato dal “Fatto” di entrare all’Olimpico a scrocco, ha replicato di avere acquistato un abbonamento in tribuna Monte Mario. Il che non spiega perché si piazzi in tribuna autorità. Un’altra personalità trasferita dall’area Roma, che si trova alla destra di chi guarda la tribuna, alla zona Coni è il generale Paolo Poletti da Civitavecchia (fila 4, posti 14 e 15), già capo di Stato maggiore della Guardia di finanza, vicedirettore dell’Aisi, referente di Valter Lavitola e “nome noto” nella lista di Diego Anemone, il costruttore della Cricca che aveva eseguito lavori per il generale nella sua casa presa in affitto da Propaganda Fide. Niente da fare anche per Marcello Masi, direttore del Tg2 respinto da Baldini.

Altri, forse scoraggiati dal giro di vite, si guardano con orgoglio la partita a casa. Massimo D’Alema, per esempio, non si vede dal campionato scorso, quello con Rosella Sensi ancora ai comandi. Era lei a dargli i biglietti. La stessa Rosella, a differenza della madre, la signora Maria, non si è mai più vista in tribuna autorità dopo l’estromissione dal club. La sua unica presenza all’Olimpico in questa stagione risale al 15 novembre per Italia-Uruguay, su invito dell’organizzatore, la Federcalcio di Giancarlo Abete.

Per vivere momenti di gloria vecchio stile la tribuna autorità deve affidarsi alla squadra ospite. Roma-Palermo e Roma-Milan hanno riportato per 90 minuti l’aria dei bei giorni, con le 230 poltroncine quasi esaurite. Il match contro il Palermo ha visto lo sbarco all’Olimpico in forze della comunità sicula. Il sottosegretario allo sport Rocco Crimi era seduto accanto al presidente del Senato Renato Schifani. Il Guardasigilli Angelino Alfano (fila otto) ha chiacchierato cordialmente con il superprocuratore antimafia Piero Grasso, sistemato alla fila 9 e dunque invitato del Coni come, poco più in là, un trio formato da Luigi Abete, dall’agente Lucio Presta e dalla moglie Paola Perego. Per la magistratura era presente anche Antonio Marini, onnipresente nel Cafonal di Dagospia come ai convegni di Flavio Carboni al Forte Village. Con il Milan si sono visti di nuovo Crimi, Catricalà, il direttore del “Messaggero” Mario Orfeo, il costruttore Claudio Toti, che è fra i candidati a fornire l’area del nuovo stadio voluto da Tom Di Benedetto. Non fa notizia Giovanni Malagò, presidente del circolo Canottieri Aniene. Lui c’è sempre.

Certo, sia Roma-Palermo sia Roma-Milan sfigurano rispetto alla finale di Coppa Italia Roma-Inter giocata il 24 maggio 2008, sedici giorni dopo il giuramento del governo Berlusconi IV. Quella sera la tribuna autorità ha fotografato con rara efficacia il passaggio di poteri dal centrosinistra al centrodestra. Da almanacco Panini della politica la fila 9 con il trio in sequenza composto da Walter Veltroni (juventino), Piero Marrazzo (romanista) e Ignazio La Russa (interista) sormontati in fila 10 dai finiani Fabio Granata e Claudio Barbaro. i Poi, uno dopo l’altro, Gianni Letta, e. Gianni Petrucci, il presidente della g. Repubblica Giorgio Napolitano, Luigi Abete, Antonio Matarrese, Gabriele Galatcri di Genola e Andrea Ronchi.

Nella fila inferiore, la 8, Catricalà colloquia amabilmente con Giulio Napolitano, figlio di Giorgio. Seguono parlamentari assortiti insediati nelle file basse: Luciano Ciocchetti (Udc), Mario Paolo PuMdi Ramo Orbo Valducci (Pdl), Renzo Lusetti, al tempo Pd, e il ministro dei Trasporti uscente Alessandro Bianchi. Presenti anche due colonne della Cisl come il segretario in carica Raffaele Bonanni e l’ex numero uno dei sindacato Sergio D’Antoni. Fra i due ci sono ben tre gradini di differenza a favore di Bonanni, piazzato alla fila numero 6 in area Coni. E questo nonostante D’Antoni sia stato presidente del Palermo calcio quando il club siciliano era di proprietà di Franco Sensi. Quella sera di tre anni fa persino Marzullo, seduto alla fila 4, era piazzato meglio. La gloria è transitoria e la tribuna autorità ne prende atto. Alla fine, niente di nuovo. Funzionava così anche al Colosseo.

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