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IL ROMANISTA. Scenografia, multata la Sud!

Curva Sud

(Il Romanista – D.Galli) – Ma l’avete vista quella meraviglia di scenografia in Curva Sud l’altra sera? “Mai schiavi del risultato”. Un attestato di fede, un manifesto, una cartolina dal passato per chi a questo calcio
non s’arrende. Mozzafiato. «Roma-Lecce: i colori della “Curva Sud”», hanno scritto sui social network gli uomini dell’Area Comunicazione dell’As Roma. Beh, sapete qual è il colmo? Decine di ragazzi sono stati multati di 172 euro dalle forze dell’ordine per aver tentato di introdurre quegli stessi colori che la società adesso esalta. Il motivo? Non erano autorizzati.
Già. Comprensibile. D’altronde, il giallo e il rosso perché mai dovrebbero esserlo, quando all’Olimpico gioca
l’As Roma? Paradossi. Aberrazioni. Cortocircuiti. Uno schifo. Racconta Andrea (il nome è di fantasia, e ci mancherebbe altro con i tempi che corrono): «Portavo con me un foglio di materiale plastico di colore giallo. Mi hanno fermato, mentre un mio amico è riuscito a entrare lo stesso. Mi hanno portato al posto di polizia dell’Olimpico e mi hanno contestato la violazione del regolamento d’uso». Vediamo un po’. Cosa dice quel regolamento? «È vietato – si legge – introdurre nell’area riservata dello stadio striscioni e qualsiasi altro
materiale ad essi assimilabile, compreso quello per le coreografie, se non espressamente autorizzato». Ragioniamo. Un singolo foglio di plastica è materiale per le scenografie? Se sì, allora potrebbe esserlo anche un foglio di carta strappato da un blocco, dove uno magari vuole prendersi degli appunti. Esempio: un giornalista che vuole raccontare una giornata in Curva. E poi una domanda: perché sono stati fermati solo alcuni tifosi? Se qualcuno ha sbagliato, hanno sbagliato tutti. Tutti. La Curva intera. A rigor di logica, se proprio vogliamo rispettare le leggi fino in fondo, le forze dell’ordine sarebbero dovute entrare in Curva Sud e multare migliaia di persone. O no? Commenta l’avvocato Lorenzo Contucci, che assiste qualcuno dei ragazzi multati:«Quanto accaduto domenica è la testimonianza del clima plumbeo che si respira nei nostri stadi. Faremo ricorso al Prefetto».
Il problema sta tutto lì, nell’autorizzazione. Pare facile? Vediamo. L’8 marzo 2007 l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive ha partorito una determinazione cervellotica. La norma prevede che «almeno 7 giorni prima dello svolgimento della gara» vada fatta «apposita istanza, anche mediante fax o e-mail, alla società che organizza l’incontro». Nella richiesta bisogna specificare «le dimensioni e il materiale utilizzato
» per la realizzazione della scenografia, «il contenuto e la grafica compendiati in apposita documentazione fotografica», «il settore», «le modalità e i tempi di attuazione». Finito qui? Macché. Leggete un po’: «La società, in relazione alla già cennata esigenza di curare la “qualità dello spettacolo” (qualità?, ndr) informerà, senza ritardo, della istanza pervenuta il Dirigente del G.O.S. (il Gruppo Operativo di Sicurezza, ndr)».
E poi basta? Assolutamente no. «Acquisito anche per le vie brevi il parere delle Amministrazioni interessate, si provvederà, non oltre i 5 giorni prima dello svolgimento dell’incontro, a concedere il “nulla osta”».Ovviamente, solo a certe condizioni. Eh, ci mancherebbe altro… «All’interno del gruppo identificato dal materiale non deve essere presente una o più persone soggette a divieto di accesso agli impianti sportivi». Chiaro? Quindi, se un daspato o un diffidato fa parte del gruppo che fa la richiesta, addio autorizzazione.

Appare vagamente incostituzionale. Ma appena vagamente. Il bello è che il procedimento mica termina con il nulla osta. «La società che ospita l’incontro – si avverte sulla determinazione – comunicherà per iscritto le determinazioni assunte al richiedente». Già che ci sono, potrebbero affiggerle ai cancelli del prefiltraggio. Come Martin Lutero con le sue 95 tesi. Avete presente? In fondo, nei rapporti tra curve e Stato siamo già tornati indietro di cinquecento anni. La Lupa capitolina, il simbolo di Roma, è un’imitazione.
A scriverlo il settimanale tedesco Der Spiegel. «Il simbolo della città eterna dovrebbe avere 2500 anni.
Questo è scritto nelle guide. Ma non è così». L’opera sarebbe un’imitazione medioevale, forse di un maestro
spagnolo. Affermazioni che scatenano un vero polverone. Per il sovrintendente comunale Broccoli 
«È falso
parlare di falso. Che possa essere un’opera medievale è un’ipotesi suggestiva che avuto e ha un certo seguito fra gli studiosi. Recentemente Anna Maria Carruba lega al Medioevo la tecnica a cera persa a getto unico con la quale è stata fusa la lupa capitolina. Questa ipotesi – spiega Broccoli – sembra confermata dalle analisi al radio carbonio curate da Lucio Calcagnile: la datazione sembrerebbe riferibile al XII-XIII secolo». Per Broccoli però «altri studiosi continuano a collocare la Lupa nella data tradizionale del V secolo avanti Cristo. Nelle piante medievali Roma era rappresentata come un leone e pensare al Medioevo per la Lupa Capitolina nulla toglierebbe al valore dell’opera: anzi rafforzerebbe la vitalità dell’idea di Roma rappresentata dal simbolo legato alle sue origini»

Sul caso è intervenuto anche Adriano La Regina, docente di etruscologia alla Sapienza e fino al 2004, sovrintendente ai beni archeologici della Capitale. Per lo studioso «La Lupa Capitolina non è un falso. È un’opera d’arte medievale ma questo nulla toglie alla sua importanza. Semplicemente ne cambia la collocazione nell’ambito della storia dell’arte». Adriano La Regina ha confermato che la lupa capitolina, il simbolo della grandezza di Roma, è in effetti un’opera realizzata nel Medievo così come ha evidenziato il settimanale tedesco “Der Spiegel”. «La nuova datazione è il frutto di una scoperta della storica dell’arte Anna Maria Carruba che l’ha pubblicata nel 2006 in un libro», ricorda La Regina e aggiunge: «La tecnica di fusione del bronzo della lupa è medievale. Questo risultato è state confermato, anche recentemente, con una lunga serie di analisi al radiocarbonio C-14 eseguite in particolare ultimamente in un centro dell’Università del Salento, diretto dal professore Calcagnile, che si trova a Brindisi». Queste indagini, spiega La Regina, «hanno condotto al risultato che la fusione è avvenuta nel XIII secolo. E la data dovrebbe essere sicura».

 


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