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IL TEMPO. I direttori e le qualità nascoste

Franco Baldini

(T.Carmellini) Strana città Roma. Una piazza dove vai ko nelle prime tre partite della stagione ed esci tra gli applausi, perdi un derby dopo cinque vittorie e la gente sta lì a sfregarsi le mani per quanto visto di buono piuttosto che pianger miseria, sei un fenomeno un giorno e da rottamare quello dopo: e viceversa (vedi Juan e Osvaldo). Insomma una città che vive da sempre di eccessi su tutto ciò che ruota attorno al pianeta Roma. Succede che l’arrivo di un direttore generale venga considerato al pari dell’avvento di Babbo Natale (se aspettava un altro po’ era pure in tema): il guaritore di tutti i mali. Ora, Baldini sarà anche bravo, avrà anche preso una bella casa in centro, ma non risiede al Polo Nord, non porta la barba bianca, tantomeno viaggia su una slitta rennata. Da qui in avanti il complesso futuro della Roma dipenderà da lui e non dovrà solo esser bravo a sciogliere il nodo sul rinnovo di De Rossi (decisiva la volontà del giocatore) e a far la pace «ufficiale» con Totti (a due tipi così basterà uno sguardo): insomma a fare il dg di una società di calcio che vuole tornare al top. No, in una città come Roma dovrà esser bravo anche a stringere le mani giuste, evitare gli agguati delle vedove del passato e rispondere al telefono. Già, perché qui succede anche che le qualità di un dirigente siano valutate più che dal suo operato (compri giocatori o cambi la carta igienica poco importa), dalla tempestività e la frequenza con cui risponde al telefono ai giornali che contano… a «quelli che spostano». Può far sorridere, ma è così in una città dove i giornalisti fanno i comunicatori, i comunicatori fanno i dirigenti e anche, udite udite, dove i ds provano a fare solo i ds senza doversi confrontare con amicizie ingombranti. Insomma una vera e propria rivoluzione, nella quale un giovane della «cantera» può fare una giocata da campione al pari di un top player di navigata esperienza… ammesso che ancora ce ne siano in giro. Il dubbio è legittimo!

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