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Quel carabiniere poteva (e doveva) sparare agli ultrà

Tifosi Roma

(V. FELTRI) – Trenta tifosi della Lazio – è accaduto recentemente – hanno tentato di linciare un carabiniere per motivi legati al calcio, e costui pur avendo estratto la pistola allo scopo di dissuaderli dal compiere un misfatto, ha preferito non sparare cosicché si è beccato una bottigliata in testa. E tutto il folto pubblico buonista ha applaudito al tutore dell’ordine pubblico elogiandone il pacifismo esasperato, al punto di essersi sacrificato alla folla imbufalita pur di non reagire col fuoco. Ormai siamo arrivati a questa stortura: un gruppo di esaltati aggredisce un uomo dello Stato, cioè lo Stato stesso, e in cambio la persona in divisa offre metaforicamente l’altra guancia. Alla quale noi, nel nostro piccolo, facciamo notare che le guance sono soltanto due, la terza non c’è, per cui a un dato momento egli avrebbe dovuto difendersi premendo il grilletto per ribadire che prima vengono le istituzioni, poi gli umori di marmaglia che pone le vicende calcistiche al vertice dei propri assurdi interessi. In altri crudi termini, come giustamente ha scritto su Italia Oggi Antonio D’Anna, il carabiniere in questione aveva il diritto di sparare  a chi lo minacciava, mettendo in discussione la supremazia dello Stato. Chi affronta violentemente coloro che rappresentano la legge merita di ricevere un bel proiettile in fronte di tipo educativo per l’intera collettività. Non abbiamo nulla contro il mite esponente dell’Arma fedele nei secoli, e comprendiamo il suo atteggiamento che lo ha indotto a farsi sfondare il cranio, ciononostante gli segnaliamo che se cominciano i militari a farsi aggredire dai facinorosi, pur di ingraziarsi la debole opinione pubblica di sinistra, non abbiamo speranza: i farabutti sono così incoraggiati a compiere qualsiasi soperchieria nella certezza di farla franca. L’errore è evidente. L’appuntato o il brigadiere, chiunque indossi una uniforme solenne, ha il dovere di proteggere se stesso: perché ciò significa rendere ufficiale l’inviolabilità delle norme che regolano la vita civile della nazione. Ucciderei delinquenti che minacciano un carabiniere è un atto di suprema giustizia. Il resto è bolsa retorica che giustifica i peggiori criminali, sempre i primi a fare proseliti in Italia.

Fonte: Libero

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