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Il Messaggero Lo spezzatino non piace, i soldi delle televisioni sì

(G. Teotino) Gli fa schifo. Ma se ne dovrà fare una ragione. Almeno se vuole continuare ad allenare in Serie A. In una qualsiasi Serie A dei Paesi che contano, calcisticamente, in Europa. Sarri, si sa, non ama le mezze parole. La sua conoscenza, e applicazione, del turpiloquio è almeno pari a quella dei movimenti della linea difensiva sui calci piazzati. Pensa, usando molte parolacce, di rinforzare la sua immagine di personaggio genuino… Ma non è questo il punto. Il punto è che a partite con il calcio d’inizio intorno a mezzogiorno si deve abituare. Senza protestare.

INUTILI PROTESTE Non lo può fare soprattutto uno come lui, che non esita a giustificare certe sconfitte con le differenze di fatturato (e in questo caso quel che dice ha senso). In futuro, un futuro non troppo lontano, di partite che cominciano alle 12,30, o persino prima, ce ne saranno di più. E anche di impegni ravvicinati, a proposito della sua affermazione sulle colpe della Lega nell’eliminazione della Roma dall’Europa League. Quali poi? Pure il Lione, come la Roma, come tutte le squadre europee, fra la partita di andata e quella di ritorno di giovedì, ha giocato in campionato la domenica. La Roma avrebbe potuto scegliere di spostare la partita di Palermo al lunedì, se avesse voluto recuperare meglio per il campionato e avere un giorno di riposo in meno prima del ritorno; al Lione non era consentita neppure questa opzione. Semmai, se c’è una responsabilità della Lega nell’eliminazione della Roma o della Fiorentina in Europa League, o dello stesso Napoli in Champions, è quella di avere, negli ultimi vent’anni, indebolito il calcio italiano, di averlo reso meno competitivo. Impegnati esclusivamente a litigare su come spartirsi i soldi delle televisioni, i papaveri di via Rosellini, Milano, non si sono accorti che intanto negli altri Paesi il problema non era come dividersi la torta, ma come renderla più grande e più appetitosa. Vent’anni fa nessuno prendeva dalle tv tanto quanto le squadre italiane, ora siamo l’ultima ruota del carro. La differenza poi nella capacità di vendere il proprio campionato all’estero è pazzesca: la Premier League incassa ogni anno dai mercati internazionali 1 miliardo e 300 milioni di sterline, la Liga 600 milioni di euro, la Bundesiga 300, la Serie A 185. Per quanto peggiorato, il campionato italiano non può valere poco più della metà di quello tedesco.

AMPLIARE IL MERCATO Il fatto è che gli altri, soprattutto inglesi e spagnoli, hanno cominciato prima di noi a spezzettare il campionato e, soprattutto, a garantire ai mercati asiatici (Medio ed Estremo Oriente), i più ricchi e i più interessati, le partite più affascinanti negli orari del cosiddetto prime time. In Spagna si gioca ogni sabato alle 13 e ogni domenica alle 12, i match clou poi non sono più in notturna, ma nel primo pomeriggio, preferibilmente di sabato. L’Inghilterra offre ogni sabato, alle 12,30 locali, un incontro di primissimo livello, quasi tutti i derby si giocano a quell’ora. Se si vuole recuperare un po’ di ritardo rispetto agli altri Paesi, i contratti di vendita alle televisioni per il triennio 2018-1021 dovranno prevedere un campionato sempre spalmato dal venerdì al lunedì (come in Spagna) e con tante partite importanti negli orari che fanno schifo a Sarri. Altrimenti la Juventus vincerà altri sei scudetti consecutivi e nessuna squadra italiana conquisterà mai più l’Europa League.

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