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GAZZETTA DELLO SPORT Il Re Tavecchio, il Califfo Lotito e il lavoro del cane da guardia

Carlo Tavecchio
Carlo Tavecchio

(A. Monti) Le chiacchiere stanno a zero. Anzi 18 a 2, che più o meno è lo stesso. L’investitura plebiscitaria della Lega A – inattesa nelle proporzioni ma non nell’esito – consegna di fatto a Carlo Tavecchio la presidenza della Figc. A meno di clamorosi quanto improbabili ribaltoni, sarà lui il timoniere del calcio italiano per i prossimi due anni.

Il fronte dei rottamatori che aveva in Albertini e Agnelli i suoi punti di riferimento ne esce rottamato. E senza neppure una vera battaglia. Va detto con onestà: tra quelli che speravano in un deciso rinnovamento del calcio italiano dopo il disastro mondiale e l’omicidio di Ciro Esposito c’è chi vi scrive. Insieme con il 95 per cento dei lettori della Gazzetta, una generosa fetta dell’opinione pubblica e la quasi totalità dei social network. Per la verità, la batosta l’avevo messa in conto sin dal primo editoriale, consapevole che l’astuzia dei vecchi manovratori trionfa quasi sempre. E che gli altri, come diceva Flaiano, sono pronti a correre in soccorso del vincitore. Insomma, non serviva un indovino: gli eccellenti articoli di Marco Iaria lo lasciavano chiaramente presagire.

Ma un grande giornale dev’essere anche avvocato di cause perse quando ne vale la pena. Incassare la delusione e rimanere nell’onorevole, anche se un po’ solitaria, posizione del cane da guardia è parte del mestiere. Sono sicuro che ci divertiremo. Un po’ meno, temo, il calcio italiano. Il nodo, conviene ripeterlo, non è rappresentato da Tavecchio o dalla sua età. L’uomo non è affatto il diavolo e ha gestito con successo il settore dilettantistico. La questione riguarda piuttosto la coalizione che lo sostiene. E soprattutto il calcio di serie A che è all’anno zero ma non intende cambiare percorso. Di fatto, da ieri, il principato di Claudio Lotito in via Rosellini si trasforma in califfato. E’ lui che insieme a Galliani, con instancabile energia e centinaia di telefonate, ha tessuto la tela della trattativa, individuato i compromessi necessari, nutrito i voltafaccia più inattesi. Ha rinsaldato la maggioranza che ha giocato il noto scherzetto a Sky sui diritti televisivi e, alla fine, non ha fatto prigionieri: a rappresentare la serie A in federazione saranno Lotito, l’alleato Pozzo e il fido Beretta. All’opposizione, solo la Juve e la Roma divise per altro da una fiera rivalità sportiva. Chapeau, presidente. Come sempre. Più di sempre.

Oggi conosceremo ufficialmente il programma di Tavecchio.Certamente vi rintracceremo buone idee e ottime intenzioni. Il problema è che di propositi lodevoli, sventolati e disattesi, è lastricata la strada che ci ha portato alla catastrofe brasiliana. E’ lecito dubitare che i padroni di ieri, ora califfi, abbiano imparato la lezione e diventino sinceri innovatori. Vedremo. Noi resteremo qui ad abbaiare, giorno dopo giorno. Le somme le tiriamo tra due anni. E altrettanto onestamente, ancora una volta, ci auguriamo di sbagliare.

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