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IL ROMANISTA Domani sera tutti con Tachtsidis

Catania-Roma Tachtsidis

(D. Galli) De Rossi è infortunato, Pjanic è squalificato, Florenzi e Bradley sono intermedi. Toccherà a lui. Per forza. Prendere per mano la Roma spetterà a Panagiotis Tachtsidis, il greco venuto da Verona, l’eroe mancato, il diseredato dall’Olimpico. Avrà le chiavi del centrocampo. E per questo avrà bisogno del sostegno del suo stadio. Sostegno che non ha avuto contro l’Inter l’altro ieri. «Sta giù. Parecchio giù», dicono a Trigoria. La società è preoccupata. Il morale di Panagiotis ha toccato un minimo storico. Colpa, se volete, di un colossale equivoco. Quando domenica sera è entrato in campo per sostituire De Rossi, i tifosi non sapevano che il cambio era obbligato, che Daniele era infortunato, che Zeman non aveva alternative, che quell’avvicendamento era logico. Inevitabile.

Tachtsidis è stato accolto da salve di fischi e una valanga di pessimismo cosmico. È dura a 22 anni – li compirà il 15 febbraio, e rischia di essere un compleanno triste – dover prendere il posto di Capitan Futuro, di uno che sarà anche contestato da qualcuno ma che è pur sempre un’icona del romanismo, un totem, un totem specie in confronto a un semi Carneade, uno che l’anno scorso calcava i campi di Serie B. È dura. È pesante. Avverti la pressione. Se poi i tuoi tifosi non ti aiutano, in quei 45 minuti in cui indossi la maglia della Roma non porti una croce, ma un macigno.

La società sta cercando adesso di recuperarlo. Moralmente, più che altro. E questo un po’ dovrebbe far riflettere. Si può fischiare un calciatore della Roma non appena fa il suo ingresso sul terreno dell’Olimpico? A Trigoria temono ora che la storia si ripeta, che Tachtsidis non venga aiutato in una partita che può decidere per davvero parte della stagione giallorossa. Perché il campionato è una cosa, e la Coppa Italia un’altra. Senza contare che chi contesta Tachtsidis, e magari sostiene (a ragione) Zeman, dimentica che l’acquisto di Panagiotis è stato chiesto proprio dal Maestro. I risultati, le medie voto, le prestazioni: finora non è stata un’operazione felice.

Ma se Zeman ha voluto questo ragazzo, se lo ha chiesto espressamente a Sabatini, è perché crede in lui. È perché vede in Panagiotis quelle qualità che (finora, sempre finora) il centrocampista non ha tirato fuori, o quantomeno non del tutto. La storia della Roma è infarcita di casi come questo, di uomini che hanno sgomitato tra bordate di fischi, che hanno onorato la maglia nonostante i malumori. Delvecchio ci faceva vedere l’orecchio. Odiato e poi amato come raramente si è amato a Roma un calciatore, per giunta non romano: milanese. Gli esempi, anche recenti, si sprecano. Perrotta c’è ancora. Stesso ruolo o quasi di Tachtsidis, stessi dubbi della tifoseria.

E Tommasi? Giocava male, veniva contestato, era un altro semi Carneade. Veniva dal Verona. Anche lui. Poi un ritornello, un coretto, un inno all’Anima Candida si impadronì dell’Olimpico. «Gioca bene gioca male lo vogliamo in Nazionale», cantavamo. A 22 anni non è facile sobbarcarsi quello che della maglia non è un onere, ma un onore. Domani, Panagiotis avrà bisogno dei tifosi. Di tutti i tifosi. Anche di quelli che domenica lo fischiavano. Perché domani è un altro giorno, un’altra competizione, un’altra Inter, un’altra Roma. È la Coppa Italia, è il sogno di una stella d’argento, è il sogno di tutti. Anche di Tachtsidis.

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