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GAZZETTA DELLO SPORT La parola del 2012 è “top player”, miraggio dei tifosi

Ibrahimovic e Thiago Silva

Qual è stata, in ambito sportivo, la parola del 2012? In principio fu «intensità», poi «inerzia», quindi «attimino», fino a «importante». Ho chiesto lumi ai lettori del mio blog. Non è facile far passare un anno di lessico per la cruna di un vocabolo. C’è chi ha proposto «fame», alla lettera e in senso metaforico: di stimoli, di motivazioni. Meno fuoriclasse nascono, più la fame, appunto, diventa bandiera, confine, incentivo. Bella e nobile anche «Paralimpiade», nel ricordo della saga londinese. I disabili sono parte del mondo, non un mondo a parte. Va sempre di moda «doping», rilanciato dal caso Armstrong e dal libro di Alessandro Donati, «Lo sport del doping», che consiglio vivamente. Basta inoltre aprire il baule per estrarre tutto il ciarpame calcistico.

«Spensieratezza», come no: il sasso che, la sera di Juventus-Inter, Giuseppe Marotta tirò ad Andrea Stramaccioni e Stramaccioni rilanciò a Marotta. Uno a uno: ma non sul campo. Spopola anche «ritorno»: della Juventus allo scudetto, di Silvio Berlusconi a Milanello (e «dintorni»). Altro lemma di spaccio comune, «zingari», specialmente nella versione «zing-bari»: Scommessopoli non poteva non entrare a gamba tesa nel linguaggio di bar, cliniche e salotti. Con «agghiacciante», non si sa bene chi celebrare: se l’originale (Antonio Conte) o il suo sosia (Maurizio Crozza). Per la cronaca, l’aggettivo riassume il concetto di giustizia sportiva che il tecnico ha maturato nei mesi in cui, squalificato, denunciò aspramente l’omessa denuncia.

Non c’è contratto, ormai, che non contempli un «bonus», e non c’è prestito che non sia «oneroso». Ne dimentico «trenta», riferito ai titoli della Signora, ennesimo motivo di disputa che ha acceso l’estate. O di qua o di là, o paciosi o rancorosi. La parola del 2012 è, però, un’altra: «top player». Immagino l’obiezione: sono due. Vero, ma vanno lette attaccate, «to-player», come Paolo Rossi. Ora che il mercato resta aperto tutto l’anno, da gennaio a gennaio siamo bersagliati di miraggi, di «promessi spesi», di Van Persie e «van persi» (i soldi, i sogni, la credibilità). Top player. Traduzione, giocatore principale. Ci piace affiancarlo a fior di società, Juventus in testa, sotto braccio a «tesoretto», questo propedeutico a quello. Ha sgranato il gruppo, nel quale pedalano «sconto», «patteggiamento», l’immortale «vergogna» e l’immancabile «spread» (banalotto). E’ un progresso o un regresso rispetto a «importante» del 2011? Essendo filo-inglese, scrivo che si tratta di un passo avanti, anche perché ho una paura folle della parola che potrebbe scalzarlo nel 2013: «intermedio». Gira in tv. Che cavolo è: un (dito) medio che tifa per l’Inter? Un mediano in maschera? Ho domandato asilo e soccorso a Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione italiana allenatori di calcio: «Intermedio? bò. Non mi risulta che sia un ruolo nuovo. Al massimo, è un sinonimo un po’ snob per definire i pendolari fra centrocampo e attacco. Quelli che a Coverciano chiamiamo trequartisti». Vent’anni fa, il 19 dicembre 1992, moriva Gianni Brera. Lui sì inventò una lingua. Gli sia lieve, sempre, il rombo del tuono.

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