Il Messaggero Stadio più lontano, vertice flop niente accordo Raggi-Pallotta

(L. De Cicco) – Nella giunta di Virginia Raggi ormai c’è chi ci scommette: «Il progetto dello stadio a Tor di Valle non supererà l’estate, la distanza con i privati è troppo marcata». Parole di un assessore di peso, uno dei fedelissimi della sindaca. Il vertice di ieri tra gli emissari di James Pallotta e i dirigenti del Campidoglio ha certificato che l’intesa è un miraggio. «Passi avanti? Zero, restano tutti i nodi…», ammetteva, a tarda notte, un membro della delegazione dei proponenti appena lasciati gli uffici dell’Urbanistica comunale all’Eur, al termine della riunione fiume a cui ha partecipato anche il direttore generale dell’As Roma, Mauro Baldissoni. Dalla controparte pubblica, stessa risposta: «La distanza è marcata e rimane sostanzialmente invariata», confidava un manager del Comune seduto al tavolo della trattativa. Pensare che alla vigilia dell’incontro Raggi aveva chiesto ai privati di «portare una proposta definitiva e concreta». Invece niente. Nessuna proposta accettata, nessun accordo. E lo stadio si allontana, sempre di più.

«PIÙ CORSIE PER I BUS» Si litiga sulla convenzione urbanistica, insomma l’atto con cui i proponenti si impegnano a realizzare le opere pubbliche promesse e il Comune cede in cambio volumetrie. Una pioggia di metri cubi, in questo caso, per alberghi, negozi, uffici e ristoranti. Il vero core business dell’operazione stadio. Le infrastrutture pubbliche erano già state annotate in una delibera del 2017, il provvedimento con cui l’Assemblea capitolina aveva concesso un via libera preliminare al progetto Tor di Valle, dopo quello del 2014 sotto la consiliatura di Ignazio Marino. Poi tutte le «condizioni» imposte ai privati sono state confermate (e rafforzate) dalla conferenza dei servizi della Regione. Ora che dovrebbero essere ratificate nella convenzione urbanistica – e diventare quindi definitive – i toni tra le parti si sono alzati fino a sfociare nello scontro. I privati hanno chiesto di rimodulare, almeno in parte, i patti. Di chiedere per esempio di dilazionare il pagamento dei 45 milioni di euro per la mobilità pubblica, per potenziare la malandata ferrovia Roma-Lido.

LA DELIBERA La delibera del 2017 prevede che metà degli spettatori raggiunga lo stadio coi mezzi pubblici. E che sulla Lido (dove oggi passa un treno ogni venti minuti), la frequenza arrivi a 3 minuti e mezzo o poco più. Quasi impossibile, anche mettendo in conto il massiccio investimento della Regione. I privati ieri hanno proposto un piano alternativo per il traffico: più corsie per i bus, in attesa della Pisana. Ma se la Roma-Lido non corre a quella velocità, niente stadio, ha replicato in sostanza il Campidoglio. I delegati di Pallotta, temendo il flop dell’operazione di ammodernamento, non vorrebbero lacci. Ma la delibera parla chiaro: le opere pubbliche devono essere concluse e operative «contestualmente» a quelle private. «E non faremo sconti», dice Raggi, così come i dirigenti dell’Urbanistica.
L’altro scoglio è l’unificazione di due strade già oggi super imbottigliate – chi ci passa lo sa bene… – la via Ostiense e la via del Mare. È l’unica infrastruttura di un certo peso rimasta in carico ai privati, dopo la cancellazione del Ponte di Traiano. Solo che dovrebbe costare un po’ più del previsto: circa 20 milioni. Perché ci si è accorti che tra le corsie delle due strade ci sono alcuni magazzini che vanno abbattuti. E i terreni espropriati. Il Comune lo ha detto chiaro, ai proponenti: la strada è affar vostro, occupatevi di tutto voi, pagamento compreso. I privati invece vorrebbero che l’operazione sia addirittura foraggiata coi soldi dei contribuenti. «Non se ne parla», replica secca del Comune.
Tutti nodi messi nero su bianco in una mail di posta certificata spedita già ad aprile dal Dipartimento Urbanistica ai privati. Un documento che ora Raggi brandisce anche davanti ai suoi consiglieri comunali, ben consapevole, la sindaca, che il M5S fino al 2016 faceva campagna per il «No allo stadio» e che l’inversione a U sul sì è stata mal digerita dalla maggioranza. Quindi «ora sulle opere pubbliche non faremo sconti o favori». O così, o stop.

RIUNIONE RINVIATA Dopo mesi di tira e molla, Raggi è intervenuta pubblicamente l’altro ieri con parole molto dure. Che hanno fatto intuire, per la prima volta, la possibilità concreta di uno strappo: «Basta chiacchiere, i privati mantengano gli impegni presi con la città». E quindi «prima vengono le opere pubbliche per i cittadini, poi il campo di calcio. Prima si uniscono via del Mare e via Ostiense, prima si interviene per potenziare la ferrovia Roma-Lido e poi si fa lo stadio». Era un ultimatum. Il vertice di ieri ha lasciato tutti gli ostacoli sul tavolo. Comune e Roma si rivedranno. Ma la sensazione è che il tempo stia per scadere.

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