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Tomei: “La nostra forza è il gruppo. Impressionato dalla crescita di Gerson, Pellegrini può migliorare molto”

Gerson

AS ROMA MATCH PROGRAM (F. VIOLA) – Hanno la stessa voce… chi avrà occasione di vedere il pre-match su Roma TV non potrà non notarlo. Mister Di Francesco e il suo vice Francesco Tomei hanno lo stesso timbro di voce. Sintomo di una sintonia raggiunta in questi anni? Forse sì, anche per questo, ma figlio del fatto che sono cresciuti nello stesso luogo, nello stesso palazzo e ora allenano la stessa squadra. Francesco Tomei, ci presenta la prossima gara all’Olimpico: è di scena la Spal, squadra che il mister conosce bene, avendoci giocato nel 2000-2001.

Cosa ricorda di quell’esperienza alla Spal?
“Alla Spal ho vissuto una bella stagione. Anche se si parla di qualche anno fa la società era abbastanza all’avanguardia, aveva un centro sportivo di sua proprietà, una struttura importante. A Ferrara c’è un pubblico molto caloroso e vicino alla squadra. Nel gruppo c’erano anche giocatori importanti, giocava con me Pelissier. Una bellissima esperienza e abbiamo fatto benino”.
E invece che squadra incontrerà la Roma all’Olimpico?
“Sicuramente ci aspetta una gara difficile. Veniamo da quella con il Genoa, dove la situazione era simile… Sono squadre di livello tecnico leggermente più basso che fanno della propria compattezza, dell’attenzione nel difendere la loro qualità. Per noi sarà una avversaria difficile da affrontare soprattutto perché abbiamo bisogno di sboccarla il prima possibile. È quello che ci auguriamo, in questo caso poi si aprirebbero più spazi, perché toccherebbe a loro fare una partita diversa. La immagino simile a quella di Genova”.
Come arriva la Roma a questa gara?
“La squadra sta crescendo in consapevolezza, nel modo in cui affronta le gare. È una squadra che cerca sempre di giocare, di proporre calcio, di cercare di far male all’avversario. Mentalmente siamo in un buon periodo e la cosa più importante è che la squadra sta crescendo, questo è l’aspetto più bello”.
Venerdì la Spal, poi l’ultima di Champions col Qarabag e di nuovo il campionato a Verona con il Chievo; come si gestiscono impegni così ravvicinati?
“Giocare tre partite in una settimana per noi è diventata un’abitudine. Gestirle è sempre un po’ complicato, però il tecnico sta attuando una bellissima metodologia, quella di alternare i giocatori e portare la squadra migliore all’incontro con energie mentali e fisiche fresche. La cosa più difficile è mantenere una certa brillantezza quando giocare ogni tre giorni comporta un dispendio di energie notevole, soprattutto dal punto di vista mentale. È molto utile anche per tenere tutti in grossa considerazione, far sentire tutti importanti, e creare nella realtà la sana competizione che poi fa crescere il gruppo in modo importante”.
Si aspettava una Roma così brillante in Champions League?
“Il sorteggio è stato preso con un po’ di preoccupazione, sia Chelsea sia Atletico sono formazioni importanti a livello internazionale. L’aspetto più bello è che abbiamo affrontato queste gare alla pari, senza nessun timore reverenziale… e la partita con il Chelsea ne è la prova più evidente. Abbiamo fatto la nostra partita, ed è stata la risposta più grande che questa squadra potesse dare. Affrontiamo ogni avversario con il massimo rispetto, ma con una consapevolezza che ti fa giocare la partita in modo sereno, provando a vincere in tutti i modi”.
Che impressione le hanno fatto dal campo Chelsea e Atletico Madrid, che molti hanno raccontato come due squadre lontane dalla loro miglior condizione?
“Viste dal campo, dal vivo, ho visto due squadre di caratura internazionale, per qualità fisiche e per mentalità. Io credo che il nostro modo di affrontarle ha pareggiato le diverse realtà. Si può pensare che loro fossero in condizioni meno brillanti, ma vi assicuro che non è stato cosi”.
La sua collaborazione con Di Francesco ha radici lontane. racconta in che modo le vostre strade si sono incrociate?
“Noi veniamo dallo stesso quartiere, e ci conosciamo sin da piccoli. Poi a fine carriera ci siamo ritrovati e abbiamo deciso di lavorare insieme. Tutto è avvenuto in modo molto naturale. Una volta finito con il calcio giocato, entrambi avevamo le stesse idee, tutti e due volevamo fare lo stesso mestiere. In questi anni ci ha aiutato il fatto che ci conosciamo da tanto tempo, abbiamo fatto un percorso molto tranquillo e ricco di passione”.
Di Francesco sembra sempre molto equilibrato in ogni dichiarazione; con lo staff tecnico e la squadra invece che tipo è?
“Il mister è come si vede. La sua grande qualità è essere molto limpido. All’interno dello spogliatoio c’è un confronto, chiaro, pacifico. Dove giustamente l’ultima parola è la sua, è il mister. Noi lavoriamo insieme da tanti anni e oramai siamo una famiglia. E ci diamo tutti da fare per creare all’interno dello spogliatoio una clima tranquillo. Il nostro e quello dei ragazzi è un lavoro che ti porta ad essere sempre sotto pressione, perché ogni tre giorni hai un esame”.

In panchina si vivono momenti di grande tensione, può raccontare un aneddoto in particolare?
“Ce ne sarebbero tanti da raccontare. Entrambi viviamo la partita in modo viscerale e spesso sopra le righe… A volte basta uno sguardo tra noi e non servono le parole. Mi sono rimasti impresi i momenti di felicità trascorsi insieme. Ad esempio il gol che ci ha portato in serie A all’ultimo minuto. Pochi minuti prima ci eravamo scambiati delle cose e poi l’esplosione di gioia al gol. Sono fotografie che ti rimangono…”.
Parlare di lei e di Di Francesco significa anche tornare al periodo d’oro al Sassuolo. Qual è stato l’ingrediente vincente di quelle stagioni?
“Abbiamo trovato una realtà piccola con una proprietà importante che ci ha dato la possibilità di crescere. Un matrimonio che ha funzionato da entrambe le parti, noi siamo cresciuti e loro si sono imposti come società. È un ambiente tranquillo per lavorare in serenità. E’stato un periodo molto formativo che ci ha dato la possibilità di maturare molto nel lavoro, culminato poi con l’esperienza in Europa”.
Cosa ha pensato quando il Mister le ha comunicato l’accordo con la Roma?
“Mi avvicino a casa! Invece di fare 400 chilometri ne facciamo 150! A parte gli scherzi è stata una grande emozione. So quanto il mister ci tenesse a questa possibilità, sono stato molto felice per lui. Un traguardo che ha raggiunto. Mi sono sentito orgoglioso del lavoro fatto che ci ha portato fino a qui… e allo stesso tempo è nata la curiosità di mettermi in discussione su nuove problematiche da affrontare”.
È qui da pochi mesi, che impressione le ha fatto l’ambiente?
“La cosa più bella è stato l’arrivo a Trigoria. Al di là della città che è bellissima ma viviamo poco. Trigoria è stata una bellissima sorpresa, è un centro all’avanguardia… c’è tutto e ti permette di lavorare bene. La cosa che mi ha maggiormente colpito è che nonostante vi lavorino moltissime persone, si respira una aria familiare. Rivedo molti aspetti simili all’esperienza al Sassuolo. Poi l’emozione dello stadio Olimpico… in serate come quella contro il Chelsea”.

I calciatori hanno sottolineato spesso quanta attenzione venga messa negli allenamenti da parte di tutto lo staff tecnico. Quali sono gli aspetti che curate di più con la squadra?
“C’è un aspetto che si ripete in tutte le sedute, i principi che il mister cerca di trasmettere. Quotidianamente si cerca di curare sia un blocco squadra che un aspetto specifico per i singoli giocatori. Tutto incentrato sui principi del mister che sono: squadra corta, gestione palla, aggredire avversario, dominare partita, crescere nella consapevolezza, crescita dell’autostima”.
Lei ha parlato di squadra corta… quanto è importante il lavoro del resto della squadra oltre alla difesa?
“I nostri attaccanti sono i nostri primi difensori, e con il loro lavoro si facilita molto il lavoro alla linea difensiva e dei centrocampisti”.
Quando Kolarov segnò a Torino è venuto a esultare da lei. Perché?
“Mi sono preso anche una strigliata dal mister perché sono entrato in campo! Nelle settimane precedenti avevamo lavorato tanto nei calci da fermo e avevamo scherzato sull’eventualità di fare un gol. È stata una cosa non programmata, in un momento importante di una gara che ci avrebbe dato continuità in quel momento. Un gesto naturale che non capiterà mai più altrimenti il mister si arrabbia”.
C’è un giocatore della rosa che l’ha sorpresa positivamente fin qui?
“Sicuramente Gerson. Già dal ritiro di Pinzolo ha dato una grande disponibilità, è cresciuto in modo esponenziale. La cosa più bella è che lui sia cresciuto negli allenamenti, il suo atteggiamento è cambiato. È stato un esempio importante per tutto il gruppo. Partito da una posizione defilata, dopo una annata particolare, è stato molto testardo ed oggi è sotto gli occhi di tutti. Al di là di Gerson, devo dire che tutti hanno avuto una crescita che deve continuare perché siamo solo all’inizio”.
E invece ce n’è uno che secondo lei può crescere ancora e sorprendere durante la stagione?
“Lorenzo Pellegrini è un ragazzo giovane che sta facendo bene, ma ha ampi margini di miglioramento. Ripeto, tutti possono migliorare. Fisicamente e tatticamente abbiamo un gruppo che sta dando una grande disponibilità, che ha sposato completamente le idee e i
principi del mister ed è fondamentale nella crescita”.
Ma è davvero il gruppo il punto di forza di questa Roma?
“Assolutamente sì. È la ricetta più antica del mondo, la più semplice ma anche la più difficile da poter raggiungere. Vedo in questo gruppo tanta voglia di stare insieme, lavorare e soffrire con un unico intento. E speriamo con tutto il cuore di gioire il più possibile”.

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