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LA REPUBBLICA Un sistema da rifare

Carlo Tavecchio
Carlo Tavecchiotave

(A. Pontani) L’uscita fragorosa di Andrea Agnelli è molto più di un segnale di insofferenza del giovane dirigente contro il vecchio sistema: è piuttosto l’apertura formale di una crisi nella crisi, una sassata sulla superficie vetrata del palazzo del potere, al cui interno gli uomini di apparato lavoravano alacremente al puntellamento delle posizioni di rendita acquisite. Non c’è nulla di eroico nelle parole del presidente della Juventus, che ha naturalmente a cuore soltanto gli interessi del suo club. Ma Agnelli, che viene da tre scudetti consecutivi, sa che regnare su un territorio in rovina può diventare paradossalmente frustrante, per chi ambisce a confrontarsi con il mondo.

E il giardinetto del calcio italiano, devastato dall’incuria, difficilmente potrà permettere alla sua Juve di tornare a competere alla pari con le super squadre europee. Per questo, non per altro, Agnelli ha deciso di uscire allo scoperto, come aveva fatto Barbara Berlusconi, la prima a porre il problema del ricambio generazionale per i dirigenti del calcio. Li accomuna, al netto dei toni più o meno duri usati, una banale domanda: che idea c’è per far ripartire il calcio? Vogliamo parlare di questo o semplicemente contare tessere, voti, padrini più o meno potenti?Vogliamo guardare in faccia la realtà di un fallimento sportivo, economico, morale o scannarci per una poltrona da vicepresidente, dall’alto della quale non decidere mai nulla?

Agnelli e Barbara, quest’ultima ancora in palese contrasto con Galliani, hanno rotto il silenzio. Forse domani toccherà a qualcun altro: Napoli, Roma e Fiorentina certamente condividono l’esigenza della svolta, i medi e piccoli club non sono più tanto compatti nel seguire le indicazioni di Lotito e Galliani (col tacito assenso dell’Inter di Thohir), già artefici della rielezione di Beretta alla guida della Lega di serie A e ora sponsor di Tavecchio. Insomma, la crepa che si è aperta è abbastanza profonda da far pensare a una possibile alternativa. Che sia Albertini, Cannavaro, Vialli, i tre nomi fatti da Agnelli, resta tutto da vedere. C’è ancora l’ipotesi, in caso di stallo, che si arrivi a un commissario, come ricordato non a caso dal presidente del Coni, Malagò: significherebbe poter rifare le regole, depotenziare le lobbyriportare a misura lo strapotere di alcune componenti della Figc. E soprattutto lavorare sui progetti, studiare i modelli che funzionano, ricambiare i dirigenti, magari eliminando la demagogia sui compensi, che devono essere adeguati a capacità e risultati.

La strada per fare tutto questo è ancora lunghissima, e il tempo molto poco. Ma chissà che il rumore della giornata di ieri non arrivi anche ad altri palazzi, finora silenziosi. Quelli della politica, che la sua parte, in un modo o nell’altro, dovrà farla, prima o poi. Sarebbe meglio prima.

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