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IL ROMANISTA Borriello si riduce l’ingaggio

Borriello

(D.Galli) Il gesto che non t’aspetti. Perché è di un non romano, di un non romanista, di uno spettatore imbronciato di Roma-Verona, panchinaro d’eccellenza, di uno che pareva destinato a tornare al Genoa e che invece s’è trovato suo malgrado incollato alla fitta ragnatela di fine mercato.

Il gesto. La notizia. Marco Borriello è disposto a tagliarsi l’ingaggio di 5,4 milioni lordi a stagione. A spalmarselo su più anni. A rinnovare a condizioni economicamente più vantaggiose per la Roma, e sicuramente più vantaggiose anche per il club che lo volesse a gennaio, qualora il matrimonio non dovesse durare. Certo, la punta se ne sarebbe potuta fregare, forte di un contratto lungo fino al 2015, pronta a svernare all’ombra di Totti o di Destro, quando Mattia tornerà. Invece no.

Il messaggio è questo: «Contate su di me, sono rimasto per far parte del gruppo». Pensiero stupendo, atto distensivo, raro in tempi di ingaggi faraonici. L’indizio, forse, era stata la torta a sorpresa che due giorni fa gli aveva fatto preparare la squadra. «Nessuno ha più fame di noi», c’era scritto, oltre a un «Marco uno di noi». Nessuno ha più fame. Slogan della campagna abbonamenti, slogan di vita, dichiarazione di intenti di una squadra che assapora ancora il fiele del 26 maggio. Borriello ha sorriso.

E a quanto pare, non solo per una foto. Da un rinnovo in arrivo a un altro scontato. Coincidenza vuole che le date possano coincidere. Coincidenza vuole che il 27 settembre cada il secondo Natale dei romanisti, l’anniversario della nascita di Francesco Totti, il compleanno del Re. I suoi primi 37 anni. L’ideale, il massimo, sarebbe festeggiarlo con l’ultimo grande regalo (regalo, ma la faccenda è reciproca) che potrà fargli la Roma prima della fine della carriera.

Ovvero il nuovo contratto, la prosecuzione della carriera, l’illusione che non termini mai, che dopo un gol ce ne sarà un altro. Che dopo una stagione ne verrà un’altra. La coincidenza è una speranza, un quadretto che farebbe Storia. Il dg Mauro Baldissoni l’ha ricordato prima della scintillante vittoria romanista di domenica: «Stiamo lavorando per trattenere con noi Francesco ancora a lungo». L’ha ricordato, perché a Trigoria lo ripetono da mesi. Come un mantra. Il contratto si farà, abbiate fede.

Totti avrebbe preferito che la vicenda si chiudesse prima dell’inizio della stagione, per non cominciare la nuova col contratto in scadenza. Ma gli scogli da superare erano parecchi. Uno su tutti: il contratto da dirigente che – è ineluttabile, è logico, è romanista – lo attende quando smetterà di giocare a pallone. Cose note. Si discute, ci si confronta, si lavora sulla durata. Si dice che Francesco vorrebbe un biennale, pronto a stracciarlo qualora il fisico dicesse basta. Si dice che la Roma gli voleva invece offrire un anno di contratto, pronta comunque a trasformarlo in un contratto diverso. Da dirigente.

E qui ecco spuntare il problema numero due: con quale qualifica? Metteteci anche questioni minori ed ecco spiegati i ritardi. C’è chi sostiene che l’accordo sia vicino, che Totti dovrebbe firmare fino al 2016 a 3 milioni e mezzo di euro a stagione. Meno, molto meno di quello che il Capitano percepisce attualmente. Perché – dicono – contano gli anni che passano. Conta che ieri ne fossero trascorsi esattamente 19 dal suo primo gol in Serie A. Si gioca col Foggia, assist di testa di Fonseca, palla in rete sotto la Nord. Ne sono seguiti altri 226. Sul suo sito il momento è cristallizzato in un momento preciso: la Genesi.

Prima, scorrono le immagini del Totti bambino, i primi calci a un pallone quasi più grande di lui, la spiaggia, ricordi, persino vhs. Perché in 20 anni di carriera il Capitano ha attraversato un po’ tutto. Allenatori, presidenti, proprietà ma anche governi, usi, costumi, le videocassette e poi il digitale. Totti attende adesso il rinnovo, il contratto, una riduzione che aveva già nel cuore. C’è una coincidenza stupenda all’orizzonte. Si chiama 27 settembre. Sarebbe un sogno. Sarebbe una grande bellezza.

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