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GAZZETTA DELLO SPORT Donadoni: “Ho rinnovato con il Parma, ma se chiama una big posso liberarmi”

Roberto Donadoni

(Gazzetta dello Sport) Roberto Donadoniè venuto a trovarci in redazione per lanciare l’iniziativa Samsung sui giovani talenti del nostro calcio. L’allenatore del Parma sta godendosi un periodo di ampi consensi. Dopo i due anni da c.t. azzurro, conclusisi bruscamente con l’eliminazione ai rigori nell’Europeo 2008 ad opera della Spagna, ha dovuto adattarsi a situazioni da prendere in corsa, tipo Napoli e Cagliari. Quest’anno, invece, ha potuto programmare e il risultato è una buona stagione, con salvezza comoda e prospettive incoraggianti. Difatti si è legato al Parma fino a giugno 2015.

Cos’è mancato, Robi, per trasformare questo campionato da buono a ottimo con l’ingresso in Europa?
«Un rendimento esterno di pari livello a quello interno. Questione di convinzione, personalità: è il salto di qualità da fare, la nuova sfida che ci attende, già programmata con la società. Per i giocatori sono importanti anche i messaggi psicologici, le certezze che un club è in grado di dare. Qui c’è una buona base su cui lavorare e possiamo migliorarci».

Lei è un perfezionista?

«Mi piace lavorare molto. Vado al campo due-tre ore prima dell’allenamento proprio per poter sistemare i dettagli, esercizi, programmi… C’è piena sintonia col direttore Leonardi e col presidente Ghirardi, so che faranno un mercato adeguato, senza follie ma con l’obiettivo di acquisire quei giocatori che ci possono aiutare».
Quindi lei si vede al Parma nel prossimo campionato?
«Certo, ho appena firmato il prolungamento biennale».

Nel suo contratto ha fatto inserire una clausola rescissoria?

«No, io credo ai rapporti personali».

Beh, però così se il Milan dovesse bussare non potrebbe svincolarsi autonomamente.

«Esatto. Ne dovrei parlare con il presidente e il d.g. E lo farei con grande sincerità e serenità: ripeto, i nostri rapporti sono eccellenti».

Lei viene dalla gavetta e ha l’età della piena maturità per un tecnico. Si sente pronto per una grande?

«L’aspirazione è quella, mi piacerebbe cimentarmi in squadre che puntano in alto: mi pare un’ambizione naturale. Penso di aver raggiunto una professionalità tale da lasciarmi tranquillo, nel caso. Ma al momento il mio domani si chiama Parma. E non è un impegno minore, per come vedo io il calcio: si possono cogliere grosse soddisfazioni anche lavorando in provincia».

Ma non può negare che intanto il suo nome è stato accostato più volte al Milan e di recente è entrato nella lista dei possibili tecnici della Roma.

«Sono attestazioni di stima che fanno piacere. Punto».

Piacciono il suo stile e il suo eclettismo tattico.

«In panchina non mi agito, non so fare sceneggiate, il che non significa che non soffra o non mi innervosisca. Quanto al discorso dei moduli penso che un tecnico debba sapersi adattare al materiale umano che ha a disposizione».

Il Milan ai milanisti, dice spesso Galliani… Lei è stato una colonna rossonera, si tratta di una candidatura pesante.

«Al Milan c’è Allegri che sta lavorando benissimo. Se il discorso si riferisse a un futuro più lontano, non arrivo a dire che “voglio allenare il Milan” come un’ossessione. Può essere un obbiettivo, certo non diventerà mai un’ossessione».

Eppure il dopo Allegri è stato dipinto da molti come un derby Van Basten-Donadoni. Se doveste giocarvi la panchina a golf, chi la spunterebbe?

«Eh, massima incertezza. Ci incontriamo spesso e a volte vinco io, a volte vince Marco… Siamo lì… C’è sempre il piacere di ritrovarci fra noi ex rossoneri, comunque. Con Van Basten, Tassotti, Galli e diversi altri ogni volta è come se ci fossimo lasciati il giorno prima».

Le è capitato di sentire anche Berlusconi?

«Sì, in un paio di occasioni. Incontro Galliani, sui campi, e il rapporto di reciproca stima è rimasto quello dei tempi in cui giocavo. Eccezionale».

Un Donadoni sulla panchina dell’Inter o della Juve sarebbe possibile, dato il suo passato?

«Sì, credo che un professionista non debba cadere in certi ragionamenti legati al passato. Trovo, ad esempio, una sciocchezza colossale non festeggiare un gol fatto alla squadra in cui si è militato: il gol è gioia, l’esultanza testimonia quella gioia. Mica è un’offesa agli avversari. In questo c’è bisogno di una maturazione a 360 gradi negli stadi: questione di mentalità da cambiare».

Quali i giovani che l’hanno impressionata quest’anno?

«De Sciglio, sicuramente. Noi a Parma abbiamo in rampa di lancio Cerri e Belfodil è un attaccante di spessore. Domenica a Siena ho visto Emeghara e ha tante qualità».

Chi vincerà il torneo di golf di Augusta?

«Sarebbe facile dire Tiger ma non c’è solo lui… Auguro ai nostri Manassero e Molinari di entrare nei primi quindici. Nei primi dieci, poi…»

Lei gioca bene?

«Ho un handicap di 4.7, 4.8, che è buono per un amatore. Ma quando gioco con i professionisti mi rendo conto della differenza che c’è fra un calciatore dilettante e uno di A».

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