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IL ROMANISTA Dacci la stella

Florenzi esulta dopo il gol

(S.Romita) – Ora dobbiamo attendere il mese d’aprile. Ma il dolce dormire l’abbiamo visto oggi. Quel mercoledì 17 è lontano, troppo lontano.

E io stasera schiumo di rabbia per una partita che, come al solito, dovevamo chiudere con una differenza reti di gran lunga maggiore. E lo si poteva fare abbondantemente. Ho sofferto a vedere la serata no di Totti, anche se so bene che è l’unico che mi darà la stella. E ho patito molto la solita serata di Balzaretti. Per sapere se andremo in finale manca un’eternità. Quasi quanto manca per capire se Lamela si vuole o no decidere a lottare come deve fare un calciatore che vuole fare la differenza.

Destro ha lottato ed è stato grande anche ieri sera. ”Eriketto” non si è visto. Il ritorno di questa maledetta sfida con il Palacio è nella nebbia dei tempi. Faremo a tempo a vestirci da Zorro tuffandoci nei coriandoli, a spararci il consueto e benedetto capretto pasquale che fa tanto ridere qui in redazione, perchè nessuno sa che gran cuoco io sia. Ci saremo già divorati una o più uova di cioccolato, sperando in una sorpresa giusta e meritata per Il Romanista. Da tempo avremo anche metabolizzato con alcune ore di palestra montagne di castagnole, bignè fritti e al forno e avremo mandato già a “mangiare il sapone” – come si diceva una volta – il nuovo presidente del Consiglio, la sua maggioranza e il Parlamento tutto. Ma non avremo mai uguagliato – per quanto si sia utilizzato le mandibole – tutte le reti che si è mangiata la Roma in queste ultime sei settimane.

Ed è ora, in proposito, di dire basta. Ma come basta… hai vinto no?Si, ho vinto 2-1 in casa e probabilmente basterà. Ma potrebbe anche non essere un argine sicuro per un’Inter cattiva, aiutata e arrembante. Ecco. Le mani avanti le ho messe. Ora posso dirvi anche che la finale io me la sento addosso. E giurarvi su quanto ho di più caro, i capelli, che ci cuciremo quello che c’è da cucire sul rosso delle nostre splendide maglie. Se non pensassi così, non sarei romanista. Se mi destreggiassi tra i se, i ma, i dubbi, le perplessità, gli scetticismi e “gli ” «io ci vedrei questo al posto di quello», m’infilerei nella fila dei Platoni, dei Soloni, degli allenatori mancati che vogliono il catenaccio, la difesa a tre, a cinque, a sette. Me ne sto invece da un’altra parte, in un’altra zona. In quella che riconosce con onestà che il gioco c’è, ed è bello.

Di quelli che sostengono che qualche acquisto serio va indubbiamente fatto. E, naturalmente, di chi capisce che il greco non va fischiato ma soltanto riportato in panchina. Perché del regista non ha neanche la sedia, con buona pace di Zeman. Non ptetendo certo di capirci più del mio allenatore, ovviamente, ma la differenza con De Rossi è netta. Come è altrettanto nitida, anche se ieri non è stata determinante, quella tra i due portieri. Ma è anche vero che noi ci troviamo in questa situazione – parlo ora di campionato – non per queste due scelte boeme. Bensì perché non concretizziamo davanti quel che costruiamo. E abbiamo i più forti attacanti attualmente in Italia. E’ per questo che le ins.offerenze di molti tifosi non le comprendo. Soffro con la Roma, per la Roma. Anche molti giocatori lo stanno facendo. Anche e soprattutto quelli che non stanno rendendo come desidererebbero. E allora attendo, mangio, fumo, bevo, lavoro e attendo. L’inverno passerà rapidamente

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