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GAZZETTA DELLO SPORT “Ebrei, ebrei!” Raid anti-inglesi: 11 feriti, 2 arresti

Pub assaltato

(D. Stoppini) – L’agguato ai tifosi del Tottenham di Campo de’ Fiori è tutto negli occhi di ghiaccio di un ragazzo inglese, che si presenta davanti al «Drunken Ship» a fine mattinata. «Ero qui durante l’agguato. No, mi scusi, non voglio parlare, non voglio “ricordare”. Sto cercando la mia giacca, l’ho lasciata nel pub e sono scappato». Entra, ma non la trova. Ritorna fuori, ci viene incontro, ci guarda e chiede: «Why? Why?». Vuole sapere il perché dell’agguato a Campo de’ Fiori, pieno centro di Roma, nella notte tra mercoledì e giovedì, con bersaglio circa 20 tifosi del Tottenham. Il bilancio è di 11 feriti, di cui 9 inglesi, un californiano e un bengalese: il più grave è il fan degli Spurs Ashley Mills, 25 anni, tuttora ricoverato all’ospedale San Camillo dopo aver subito una coltellata all’inguine e diverse ferite alla testa, medicate con 27 punti di sutura. L’altro bilancio, quello delle forze dell’ordine, è di 15 identificati, sei fermi e due arresti: questi ultimi sono ultrà romanisti,Francesco Ianari di 26 anni (già colpito da Daspo nel 2007) e Mauro Pinnelli di 25, accusati di rissa, lesioni pluriaggravate e tentato omicidio.

La cronaca I due arrestati sono stati incastrati grazie alle immagini delle telecamere di Campo de’ Fiori e allo scambio di sms: il telefonino di Ianari è considerato elemento prezioso, perché il giovane avrebbe pianificato l’azione con un ultrà della Lazio. Per il suo arresto, poi, sarebbe stata fondamentale la testimonianza dell’autista di un autobus, sul quale il giovane sarebbe salito dopo gli scontri, iniziandosi a vantare del raid. La guerriglia era iniziata all’una. Venti tifosi del Tottenham, a quell’ora, sono dentro al «Drunken Ship», pub di Campo de’ Fiori. Da piazza della Cancelleria arrivano circa 40 persone con il volto coperto da sciarpe e caschi. Cominciano a tirare sassi verso i tavolini all’esterno, poi urlano: «È solo uno scherzo». Entrano nel pub dall’ingresso principale e dal secondario in vicolo del Gallo, spingono verso il fondo del locale i tifosi inglesi e li colpiscono con mazze da baseball e chiavi inglesi, oltre a sampietrini e spranghe di ferro rimediate nei dintorni. L’agguato dura 10 minuti, poi gli inglesi riescono a dileguarsi in via dei Cappellari. E lì due inglesi vengono colpiti, uno dei quali finisce a terra in una pozza di sangue dopo una coltellata. Una decina di motorini cadono a terra, i fuggitivi si liberano di coltelli e spranghe, qualcuno perde per strada un casco con la scritta «Gabriele Sandri». È la chiusura del raid. «Le forze dell’ordine, che io stessa avevo chiamato all’1.10 dopo essere stata svegliata, sono arrivate solo all’1.30, a cose ormai finite e insieme alle ambulanze»,racconta Emanuela De Pasquale, testimone e residente a Campo de Fiori. «Urlavano “ebrei, ebrei di merda” e gli inglesi rispondevano con “You bastard”», ricordano altri.

Il movente «Ma l’agguato non è opera dei tifosi della Lazio, che negli ultimi tempi hanno dimostrato di aver abbandonato manifestazioni violente», dice con certezza Claudio Lotito. L’antisemitismo — il Tottenham è il club del quartiere ebraico di Londra — è una pista seguita dagli inquirenti, ma non l’unica. Ieri sera, tra l’altro, all’Olimpico alcuni tifosi biancocelesti (già puniti dall’Uefa per i buu razzisti dell’andata) hanno intonato il coro «Juden Tottenham» ed esposto lo striscione «Free Palestina». È la ricostruzione, quello a sfondo razziale, che tiene dentro anche l’ipotesi di una partecipazione attiva al raid di esponenti dell’estrema destra romana. L’agguato, però, secondo più fonti sarebbe opera «collegiale» di tifosi di Roma, Lazio e West Ham, acerrimi rivali del Tottenham e legati a quelli della Lazio da un gemellaggio, presenti in città dal giorno dell’ultimo derby. E allora negli ambienti investigativi non vengono sottovalutati alcuni precedenti «scottanti», con incidenti: due amichevoli estive della Roma, con il West Ham nel 2007 e con il Tottenham nel 2008. Le tifoserie, che ormai si accordano per «incontrarsi» lontano dagli stadi, sono da tempo diventate trasversali: oggi faccio un favore a te, domani lo fai tu a me. Un patto, che per puro caso non ha portato al morto.

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