LA REPUBBLICA L’insulto a Balotelli dentro casa Italia, l’ultima vergogna in un anno di razzismo

Mario Balotelli
Mario Balotelli

(F.S. Intocia) L’urlo sguaiato di un ragazzino ha trafitto la quiete di Coverciano e ricordato al calcio italiano che non può fuggire da se stesso: i suoi mali rincorrono la Nazionale a domicilio.

L’insulto che Mario Balotelli ha ricevuto ieri («Negro di m…») è la degna prosecuzione di una stagione cominciata con Constant che lasciò il campo per i cori razzisti del Sassuolo al Trofeo Tim, e finita, o quasi, con lo stesso milanista a raccogliere le banane della vergogna a Bergamo. In mezzo, l’inasprimento delle sanzioni contro la discriminazione territoriale sabotato dall’alleanza trasversale fra le curve, con la Figc costretta al dietrofront normativo. E la giovane età del responsabile (era con due amici, i carabinieri esaminano le immagini di tv e fotografi) non è un’attenuante, anzi: quando la Juventus ha riempito di bambini i settori squalificati, e i pargoli hanno pronunciato le parolacce dei genitori, il pallone italiano ha scoperto di aver perso qualsiasi innocenza. È sminuito anche il potere salvifico della Nazionale, già in passato nel mirino a Coverciano.

Nel 2006, in pieno scandalo Calciopoli, Lippi fu beccato, Buffon schernito («Dacci una quota»), Cannavaro insultato, e sul muro della cittadella sopravvivono scritte contro Guido Rossi. Alla vigilia di Italia ‘90, l’auto di Boniperti fu presa d’assalto dai tifosi viola delusi dal passaggio di Baggio alla Juve. E Balotelli anche in azzurro ha fatto i conti con il razzismo, dalle banane a Ponte Milvio agli attacchi degli Ultras Italia a Klagenfurt («Non esistono negri italiani»). Il gruppo azzurro ha provato a reagire in modo positivo. Cesare Prandelli indicava i bambini ospiti del centro, che dalla terrazza avevano acclamato Mario tutto il tempo («Noi ci crediamo », «Vieni alla Juve!»): «Io ho visto tante cose belle oggi, ma se deve fare notizia una sola cosa spiacevole…».

Nello spogliatoio, tutti a sottolineare la reazione composta di Mario: sorrisi e insolita disponibilità a foto e autografi per i piccoli fan. L’unico suo labiale carpito dalla tv a caldo è stato quello regalato a Marchisio, «solo a Roma e Firenze ci sono certi scemi», anche se alcuni tifosi all’esterno, interrogati dai microfoni Mediaset, l’accusano di aver minacciato qualcosa, vengo a spaccarvi il muso, o roba del genere. Dopo la solidarietà di Abete («Comportamenti inaccettabili, per fortuna da parte di pochi »), il messaggio più forte l’ha dato Immobile, elogiando l’autocontrollo di Balotelli e confessando la propria tristezza infinita di ragazzo partenopeo per i cori sulla lava e l’arretratezza di un Paese che nel 2014 parla ancora di neri, meridionali e cinesi, parole sue, rammentando invece l’obbligo di guardare avanti e il desiderio di schierarsi, lui in prima fila, per un cambiamento culturale. Per ora, oltre la siepe di Coverciano, c’è il buio.

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