GAZZETTA DELLO SPORT Ranieri, lo specialista: “Roma, spero in Totti ma temo molto Klose”

Claudio Ranieri

(M. Cecchini) – Dal Vigor Lamezia al Monaco corre una strada lunga 27 anni. Terra battuta, buche, poi erba sempre più verde, fino ad arrivare ad un futuro prossimo nel segno di Rodriguez, Moutinho, Falcao (e non è ancora finita). La voce di Claudio Ranieri, però, non ha perso le sfumature di sempre. A 61 anni la formula è la stessa: pragmatismo e buon senso. Ma se si cerca il cuore, basta guardare bene. È lì in fondo e racconta della Roma. Che significa giovinezza e un ricordo indelebile da allenatore: 4 vittorie in 4 derby. Quanto basta per parlare di quello in arrivo.

Ranieri, domenica sera non ha impegni, vero?

«Purtroppo sì, ma registrerò la partita e la vedrò senza sapere il risultato. D’altronde da romano e romanista, quel poker di successi resta uno dei momenti più belli della carriera. Aspetto la Coppa, ma soprattutto una bella partita che faccia onore alla città».

Fra razzismo e violenza, all’estero non abbiamo una bella fama.

«Da noi c’è poca cultura sportiva. La società è peggiorata ed il calcio, che ora è l’oppio dei popoli, la rispecchia».

Parlando di calcio…

«Non mi chieda pronostici: sono di parte. Dico solo che i protagonisti potrebbero essere Totti e… spero non sia Klose. Roma e Lazio hanno fatto un campionato all’opposto: prima male l’una, poi l’altra. E mi è dispiaciuto sia per i giallorossi — che hanno una ottima squadra — sia per Petkovic, una persona squisita».

Ma è vero che avere romani in campo può essere psicologicamente un handicap?

«Non proprio. Certo, loro la sentono di più e sta all’allenatore capire se esagerano ed eventualmente toglierli. Io lo feci nel 2010 con Totti e De Rossi e andò bene, ma non è una regola».

Dopo di lei alla Roma hanno «governato» 4 allenatori e 2 proprietà. I risultati sono stati sempre analoghi: non soddisfacenti. Colpa dei giocatori?

«No, è uno spogliatoio normale. I tecnici non hanno avuto i dirigenti alle spalle e così si sono persi due anni. Mi è dispiaciuto che Montella non abbia espresso il suo talento alla Roma, ma per fortuna si è rinnovato l’organico. Il progetto, comunque, deve ancora iniziare. La lontananza del presidente gioca un ruolo fondamentale. Se potessi a Pallotta direi: “Stia più spesso a Roma”. C’è bisogno di un capo. Sensi e Viola lo erano, Lotito lo è. Un allenatore non può restare solo».

Come lo vede Allegri sulla panchina giallorossa?

«È bravo, ma deve essere supportato da chi comanda».

Subito dopo di lei Juve, Roma e Inter hanno avuto problemi: come mai?

«Rispondere sarebbe da presuntuosi. Lo lascio fare ad altri».

Ci dica un errore che non rifarebbe in queste squadre.

«Alla Juve sono solo arrivato nel momento sbagliato, con l’attuale dirigenza sarebbe stato diverso. Alla Roma avrei fatto meglio a lasciare dopo il primo anno perché avevo capito che non si poteva investire. All’Inter dovevo andare via dopo la cessione di Thiago Motta: il ridimensionamento era evidente».

Al Monaco questo problema lei non ce l’ha: la sua squadra è il nuovo Chelsea?

«Lo diventerà. Il presidente Rybolovlev vuole fare le cose in grande. Abbiamo vinto una B dove ci aspettavano tutti al varco. Ora il traguardo è il 3° posto, però per avere successi non bastano solo attaccanti. Una casa si costruisce dalle fondamenta».

Come giudica le polemiche di disparità sul fronte fiscale?

«È stato sempre così e nessuno ha mai detto niente. Ora che c’è un presidente russo questa storia viene fuori».

Sa che adesso la sua panchina è fra le più ambite?

«Lo so, il nostro mondo è fatto così, ma non ho paura. Ho un triennale e la certezza che in carriera non mi è stato regalato nulla. Il mio sogno, però, è di ritrovarmi nel 2014 in Champions insieme alla Roma. S’immagina che bello?»

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