GAZZETTA DELLO SPORT Gioiello di Lamela. E la Roma sale al quinto posto

Erik Lamela

(P. Archetti) – Prendersi l’Europa attraverso il campionato senza dipendere dalle insidiose variabili della Coppa Italia: è questa la nuova missione della Roma, rientrata nel ballo per una stagione internazionale proprio prima di vivere la seconda semifinale di coppa, mercoledì a San Siro contro l’Inter. I nerazzurri hanno dato una mano all’idea romanista facendosi battere dal Cagliari: quanto alla Lazio, agganciata ieri, ogni bilancio va stilato stasera quando la Roma guarderà interessata la sfida alla capolista. I giocatori vedranno la partita perché non avranno altri impegni, visto che la comitiva non è tornata nella capitale ma si è mossa verso Novara. Che sia un maxi- ritiro o una seccatura in meno – due volte il viaggio verso nord in tre giorni – dipende dagli ondivaghi stati d’animo del clan. Dopo una vittoria del genere si dirà che cementa il gruppo.

I motivi – Se il Torino avesse acchiappato il 14˚ pari della stagione, non ci sarebbero state denunce per furto e i due allenatori sono d’accordo. Però i granata sono arrivati vicini all’esito comodo soltanto con i calci piazzati: due volte Cerci ha imprecato prima con un palo poi con una traversa, però sempre su punizione. Le azioni fluide del Toro migliore, le risalite radenti fascia-centro-fascia e le forbiciate per sgomentare i rivali, non si sono viste. La miseria di tre altri tiri in porta, quindi la confusione e le deviazioni mancate sui cross del finale, quando la Roma è rimasta in dieci per il doppio giallo a Balzaretti, ex insultato e mandato in tilt. I granata sono stati poco squadra e molto Cerci, nel senso che soltanto l’esterno, nonostante parecchie pause e alcune esagerazioni, è riuscito a tenere in corsa i suoi. La solidità nella coppia di centrocampo Vives-Gazzi è stata l’altra sicurezza di Ventura, cui è mancata invece attenzione difensiva. Inoltre è fiacco l’intero corridoio sinistro per le difficoltà di Santana e la svagatezza di Masiello. Dopo un punto in tre gare restano otto lunghezze sulla linea della caduta, un discreto cuscino.

Allenamento – Anziché avere il pregio di aggressività e tecnica, almeno due reti sono sembrate prove di allenamento, quando il difensore deve essere tenero per non infortunare i compagni. Cross da fermo di Balzaretti per Osvaldo, con Ogbonna che non trova la posizione e la cerca affannosamente con le mani; pari con altro invito senza opposizione di Cerci, Burdisso meno solido di Bianchi e perde il contrasto di testa (fortuna vuole che la punta abbia il rimbalzo a favore, mentre è girato verso la porta). Anche il nuovo sorpasso è frutto di un eccesso di libertà concesso a Lamela, però l’argentino riesce a sistemare il pallone all’incrocio opposto. Certi tiri non riescono sempre nemmeno nelle scommesse di fine seduta. I movimenti Non ci sono soltanto classe e disattenzioni nel centro che porta la vittoria. Andreazzoli, al primo 4-3-3 simil Zeman dall’inizio (ma con Dodò punta), nella ripresa «allarga » più il campo, quasi per imitare il 4-2-4 granata, ma anche perché l’infortunio di Pjanic costringe il tecnico a immettere Totti, alla prima panchina per scelta (riposo) del campionato, mentre il compare De Rossi è fuori per infortunio. La Roma si sbilancia in un 4-2-1-3 che appoggia quattro pedine offensive sull’ultima linea del Torino, annullando qualsiasi superiorità numerica. Giochiamocela a parità di coraggio, dopo la prudenza iniziale: così l’allenatore va a cercarsi l’Europa senza dipendere da altri. Se poi arriva anche grazie alla Coppa Italia, non sarà schifata

 

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