CORRIERE DELLA SERA La Roma spreca poi si squaglia. Gomez la castiga

Catania-Roma Dodò-Florenzi

(L. Valdiserri) – Non si può condannare un allenatore se i suoi giocatori si divorano tre gol a porta vuota nel primo tempo (soprattutto Destro), ma sicuramente gli si può chiedere conto di alcuni numeri: 8 sconfitte su 19 gare sul campo (la partita di Cagliari è stata vinta a tavolino) e 3 nelle ultime 4 giornate; 10 punti di distacco dalla Lazio e 8 dal Napoli che occupa il terzo posto, l’ultimo che qualifica per la Champions League; 34 gol subiti.

A completare il quadro ci sono l’esplosione, questa volta definitiva, del caso De Rossi e il malumore ormai diffuso in parecchi giocatori che si sentono più scaricati che difesi dall’allenatore. Questo è il caso della Roma di Zdenek Zeman, battuta ieri a Catania, in una gara in cui poteva chiudere il primo tempo in largo vantaggio ma sparita nella ripresa fino agli ultimi due minuti, quando Dodò e Marquinhos, due sbarbatelli brasiliani che di mestiere fanno i difensori, hanno sfiorato un pareggio che sarebbe statomeritato. Ma il merito, nel calcio, è un concetto molto astratto.

Il Catania, privo di Lodi, il suo unico centrocampista provvisto di fosforo calcistico, ha trovato i suoi meriti aggrappandosi come un naufrago a un pezzo di legno nei tempi difficili e colpendo nella ripresa, quando le squadre si sono allungate. Non è una vergogna difendersi,mentre è una colpa grave non avere dei meccanismi di autotutela tipo quello che non è scattato in occasione del gol del Catania: Marquinhos era fuori dal campo dopo aver preso una botta, nessuno ha preso il suo posto sulla fascia destra e lì si è infilato Gomez per il colpo decisivo. Forse la Roma ha cominciato a perdere nel riscaldamento, quando Francesco Totti ha sentito di nuovo il dolore alla coscia sinistra (flessore, oggi l’ecografia) e ha deciso di non rischiare.

Con Osvaldo infortunato, Pjanic squalificato, Nico Lopez al Mondiale under 20 e Tallo appena prestato al Bari, non c’era altra soluzione che avanzare Marquinho tra i tre attaccanti. In quel ruolo, nel finale, ci è andato addirittura Dodò. Uno di quelli che Zeman ha accusato a fine gara — come Marquinho e Lamela— di aver cercato di ribaltare la gara da soli e non con il gioco di squadra. Su Daniele De Rossi, ieri in panchina per 90’, c’è il diritto di opinione. Zeman pensa questo: «Ho tre centrocampisti di cui due di movimento, ovvero Bradley e Florenzi, e volevo un giocatore più regista, Tachtsidis. Daniele è diverso: può giocare con Pjanic, ma senza non mi piace come soluzione».

De Rossi, in pratica, non ha doti per giocare il gioco di Zeman. C’è chi pensa che sia un giocatore in chiaro declino, con l’aggravante di un contratto da 6 milioni netti all’anno, e chi pensa—come chi scrive — che nel giorno in cui mancano Totti, Pjanic e Osvaldo sia ai limiti dell’autolesionismo lasciare fuori un giocatore che sette mesi fa giocava la finale del campionato europeo contro la Spagna. Ma su questo si può discutere all’infinito, sulla classifica della Roma no.

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