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LA REPUBBLICA Lo sport degli impianti abbandonati

Stadio Flaminio

(A. Ananasso) – Impianti pubblici allo sfascio, risorse economiche sempre più scarse, tecnici mal pagati o “volontari”. Lo sport italiano di base vive uno dei momenti più bui della sua storia. Un esempio vistoso viene dall’abbandono di due stadi storici di Roma, che versano in uno stato di totale abbandono:il Flaminio e il Tre Fontane.Così centinaia di giovani, atleti e amatori si ritrovano senza impianti pubblici dove allenarsi.

Il Flaminio, di proprietà del Comune (che ha stanziato due milioni di euro per la riqualificazione dell’area antistante lo stadio) e in gestione alla Coni servizi, è stato chiuso lo scorso anno per essere ristrutturato e diventare così la cittadella del rugby. I lavori si sono subito interrotti perché durante gli scavi è riaffiorata una necropoli. Un tesoro abbandonato a se stesso e ora sepolto da erbacce e rifiuti. Intanto lo stadio è deserto, la piscina da 25 metri è chiusa, la palestra di scherma è stata arrangiata all’ingresso dell’area uffici. Resiste quella della lotta. Intorno solo immondizia, sterpaglie e roulotte e vagabondi.

Il centro sportivo delle Tre Fontane non esiste nemmeno più: rasi al suolo pista di atletica, pistino coperto e pedane per salti e lanci. Via anche i campi da tennis della Federtennis. Tutto demolito per lasciar spazio alla prima città europea dello sport paralimpico. Sono passati sette anni ma quel progetto è lontanissimo dalla realizzazione. Un progetto tanto caro a Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico, che oggi dice:«Forse ce l’abbiamo fatta. Dopo tanta burocrazia la settimana prossima consegniamo l’area alla ditta che ha vinto l’appalto. I lavori dovrebbero terminare entro due anni dal loro avvio». Per ora sul sito di Repubblica.it si possono vedere le immagini dello stato in cui versano i due impianti.


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