IL ROMANISTA Striscioni, siamo all’albo zero

Roma-Catania Striscione

(D. Galli) – Qualche striscione già c’è, qualche altro sarà pubblicato alla ripresa del campionato. Per ora, quelli approvati sono 9. Per ora, solo per ora. «Sono pervenute all’Osservatorio richieste per oltre 350 striscioni riferibili a 41 società»,sottolineano gli uomini del Viminale sul sito osservatoriosport.interno.it, annunciando che è on line l’albo degli striscioni. Apriti cielo. Un albo degli striscioni? È censura. Grosso modo, è così che hanno commentato in tanti. Beh, benvenuti in Italia. Perché per le curve italiane, per i tifosi in assoluto, è da cinque anni che l’articolo 21, il principio della libertà di espressione, viene sistematicamente violato. Solo che finora se n’erano accorti in pochi. Tra loro, tra i pochi, c’è l’avvocato Lorenzo Contucci, penalista esperto in reati da stadio.

«La determinazione dell’Osservatorio sull’albo – dice a Il Romanista – altro non è che la paradossale conseguenza di una determinazione del 2007, che imponeva regole burocratiche per gestire le coreografie e l’esposizione degli striscioni, che non esito a definire indegna di un Paese democratico, fino a quando resterà vigente l’articolo 21 della Costituzione. Che, viste queste premesse, sembra ormai prossimo all’eliminazione».Contucci ha perfettamente ragione. La determinazione è la numero 14 ed è datata 8 marzo 2007. Le curve la conoscono bene. È discretamente famosa. È storica ma antistorica per contenuti. È sufficiente una letta superficiale per capire perché. «È fatto divieto – si legge – introdurre in tutti gli impianti sportivi striscioni e qualsiasi altro materiale ad essi assimilabile, compreso quello per le coreografie, se non espressamente autorizzato. Sono altresì vietati i tamburi ed altri mezzi di diffusione sonora (es. megafono)». Coreografie, tamburi, megafoni per lanciare i cori. Tutto cancellato. Bastarono cinque righe per azzerare il passato. Ma c’è di più. C’è di peggio. In quella stessa determinazione viene ideato un meccanismo diabolico, un arzigogolo burocratico, per rendere la vita impossibile a chi vuole esporre degli striscioni. Bisognava, anzi bisogna, inoltrare «almeno 7 giorni prima dello svolgimento della gara, apposita istanza, anche mediante fax o e-mail, alla società che organizza l’incontro. (…) A tal fine occorrerà specificare: le dimensioni ed il materiale utilizzato per la realizzazione; il contenuto e la grafica compendiati in apposita documentazione fotografica; il settore in cui verrà esposto».

Tutto qua? Macché. «La società (…) informerà, senza ritardo, della istanza pervenuta il Dirigente del G.O.S. (…) il quale, acquisito anche per le vie brevi il parere delle Amministrazioni interessate (Vigili del Fuoco e, ove presente, Capo degli Steward), provvederanno, non oltre i 5 giorni prima dello svolgimento dell’incontro, a concedere il proprio “nulla osta”».E la storia mica finisce qui. Perché l’ok allo striscione è sottoposto a una serie di condizioni. Una è pazzesca. «All’interno del gruppo identificato dal materiale» non devono essere presenti «una o più persone soggette a divieto di accesso agli impianti sportivi». Tanto per capirci, se tra chi frequenta il gruppo c’è un daspato, lo striscione te lo scordi. A occhio e croce, una disposizione del genere calpesta principi costituzionali, dichiarazione dei diritti, leggi, usi, regolamenti e l’umana ragione. Riassumendo. Nel 2007, a ridosso della morte dell’ispettore Raciti, e quindi sulla classica onda emotiva che si genera in questo Paese dopo ogni fatto tragico, viene organizzato un labirinto di norme per ridurre ad obbedienza le curve. Il sistema funziona? No. Perché è talmente astruso da complicare la vita a tutti, persino a chi quel sistema lo dovrebbe far rispettare. Qualche mente illuminata all’Osservatorio lo sa bene e quindi ragiona sul danno minore.

Tornare al passato? Non si può, dicono al Viminale, dove con i voucher per i non tesserati qualche concessione l’hanno fatta (per inciso, Lotito & Co. si ricordino che il merito è stato della Roma, che ha aperto il varco). Ma come si fa a evitare che un tifoso, quando va in trasferta, segua pedissequamente quella famigerata procedura prevista dalla determinazione del 2007? Occorre alleviargli qualche sofferenza, visto oltretutto che se va in trasferta è tesserato, e quindi è un animo pio per definizione, come peraltro lo erano i tesserati del Pescara che si sono scontrati a Torino con i tifosi granata. Ecco spiegato l’albo degli striscioni. «La consultazione di tale elenco – spiegava tempo fa l’Osservatorio – consentirà di evitare che, in occasione delle trasferte, debba essere attivata, ogni volta, la procedura autorizzatoria – che impegna sia i richiedenti che i GOS – trattandosi di striscioni già valutati ed approvati sia nei contenuti che nel materiale di costruzione che nelle dimensioni». Il problema non è l’albo, anzi l’albo è un rimedio minimo. Il problema è quello che l’ha generato. Benvenuti in Italia.

 

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