A poche ore dalla partita del Manuzzi, tra Cesena e Roma, Pierpaolo Bisoli, l’allenatore che simbolo cesenate dello storico doppio salto dalla Serie C alla A, è intervenuto ai microfoni de “La città nel pallone” sui 99.8 di RadioIes, per parlare dell’ultimo turno di campionato e non solo. Queste le sue parole:
Luis Enrique?
“Ho visto parecchie partite della Roma, l’ho conosciuto anche personalmente. Bisognava dargli tempo, ha proposto u nuovo calcio, un nuovo tipo di gestione della squadra, ha proposto partite anche divertenti all’inizio, poi ci sono stati incontri dove hanno sofferto, ma secondo me è un allenatore che ha proposto qualcosa di nuovo. Il calcio italiano dipende dai risultati e le proposte nuove se non sono supportate dai questi vengono accantonate subito. Mi dispiace è una bravissima persona”.
Sulla società.
“E’ stata esemplare, è stata una vera società, Baldini e Sabatini hanno dimostrato di appoggiare l’allenatore. Evidentemente lo stress accumulato, l’hanno portato con grande signorilità al suo abbandono. Mi dispiace che non si sia sentito di andare avanti un altro anno”.
C’è una pazienza differente verso gli stranieri?
“Può essere che le persone che giudicavano il lavoro di Luis Enrique lo giudicavano in un modo e il mio in un altro. Io ho fatto un buon lavoro e poi la squadra l’ha dimostrato. E’ anche difficile giudicare un allenatore nuovo dopo sole quattro partite. La società Roma ha fatto benissimo a supportarlo fino alla fine. Poi si tireranno le conclusioni. A Roma c’è una pressione ampliata alla massima potenza”.
Montella?
“Ha fatto una stagione bellissima, è chiaro che mi viene da dire che chi è andato a Catania ha fatto sempre benissimo. C’è un ambiente dove si può lavorare, anche se lui ha portato un calcio aggressivo e fatto di possesso palla. La gavetta ne ha fatta poca, ma evidentemente ci sono anche dei predestinati e lui è uno di questi. Ha fatto benissimo quest’anno, ma a Roma il compito sarà molto più difficile che a Catania”.
Sul Cesena.
“Si è persa un po la dimensione. Non può una società come il Cesena cambiare tre allenatori in un anno, anche il cambio di campo non l’ha agevolata. Ha un pubblico straordinario, ma ci sta che possa retrocedere. Bisogna dire brava alla società che per due anni ha fatto la Serie A. Io l’ho ereditata in serie C e non è facile. L’entusiasmo è a zero quando si retrocede”.
Cosa è successo?
“Non lo so, non mi piace giudicare il lavoro degli altri. Dopo la campagna acquisti di gennaio è sempre stata una società che ha operato benissimo. Ad agosto si parlava di un Cesena vicino all’Europa con i giocatori che aveva comprato. Probabilmente tutti i meccanismi non sono andati al posto giusto”.
Ramirez?
“E’ un giovane con delle grandi prospettive. Con me arrivò a fine ritiro, ma è un ragazzo che ha un cambio di passo importante e un buon tiro. Se le aspettative sono queste, si parlerà di un grande giocatore anche a livello internazionale”.
E’ pronto al salto?
“Penso di si. Io però penso che il calcio italiano si è dimenticato di Diamanti che in questo momento è un giocatore importantissimo che non hanno neanche le prime quattro in Italia. È un giocatore che dove ho potuto, mi sono portato dietro, fino dalla C2, proponendolo anche a squadre importanti. Fa assist, sui calci piazzati puo essere pericoloso. Viene marchiato con determinati simboli, invece poi è tutt’altro. È un uomo che da tutto per la squadra. Sono contento che ora sia seguito anche dalla nazionale”.
Verrà convocato?
“E’ un giocatore che si adatta a tanti moduli, ha tanto senso del sacrificio e specialmente in un europeo che è soggetto a cambiamenti repentini può fare comodo”.
Sul futuro.
“Ancora non ho ricevuto niente, aspetto che qualche società abbia voglia di lavorare con tanta passione come dico io e che mi dia tempo. I risultati non si vedono subito ma alla lunga”.
Così’era accaduto con Conti e Agostini?
“Niente di particolare, sono cose che succedono. È chiaro che quando non ci sono i risultati, paga sempre l’allenatore. Io a Cagliari ero partito bene, ma pagai anche quel fatto li. Fa parte del passato, con Cellino mi sono lasciato in grandissimi rapporti e ho avuto una crescita professionale. Dopo 12 partite avevo 12 punti dopo aver incontrato le grandi e non le dirette concorrenti”.
Su De Rossi a Bergamo?
“Le regole sono le regole. Nel calcio sono importanti se si vuole arrivare da qualche parte. Vanno rispettate. La Juventus ha avuto voglia di vincere e le regole che voleva Conte erano sposate dal presidente all’ultimo dei magazinieri. Io non voglio giudicare Luis Enrique, ma sono contento quando un allenatore fa rispettare le proprie regole”.
Calcioscommesse?
“Grande amarezza. Queste cose mi toccano perche sono molto amante di questo sport sia da giocatore che da allenatore. Un pizzico di contentezza sta nel fatto che la mia squadra nei due anni in A non è mai stata toccata”.
Fonte: La città nel pallone, RadioIes