LA REPUBBLICA La tentata truffa alla Roma, il Pm interroga Luciano Moggi

Luciano Moggi

(A. M. Erba)La “Iena”, il presunto complotto ai danni della As Roma e gli eterni nemici ai tempi di Calciopoli. A rimettere in fila i tasselli di questa strana storia, ci ha provato ieri il pubblico ministero Paola Filippi. Che nella tarda mattinata ha interrogato per quasi due ore l’ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi, il suo avvocato Maurilio Prioreschi e il socio Camillo De Nicola. Sarebbero stati loro a convocare misteriosamente lo scorso 12 marzo la “Iena” Paolo Calabresi, proprio nei giorni in cui il giornalista di Italia Uno stava girando il filmato che avrebbe poi smascherato il finto dossieraggio contro il dg giallorosso Franco Baldini. Il grande accusatore di Moggi nel 2006, quando scoppiò lo scandalo del calcio. Perché, si sa, nella tentata truffa alla nuova proprietà made in Usa del club potrebbero non esserci solo i “nostalgici” della vecchia gestione targata Sensi. Una vicenda finita sotto la lente dei magistrati di piazzale Clodio,che hanno iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di ricettazione, il giornalista Roberto Renga, il figlio Francesco e le due voci radiofoniche Giuseppe Lo Monacoe Mario Corsi, detto “Marione”, per aver tentato di infangare il direttore generale di Trigoria Baldini.“Volevo soltanto dire di no a un’intervista che mi era stata richiesta qualche tempo fa da Calabresi, per questo l’ho fatto venire nello studio del mio avvocato. Per comunicargli il mio rifiuto, tutto qua. Del resto non so niente” avrebbe spiegato ieri Moggi, convocato in procura come persona informata sui fatti. Una versione identica a quella poi fornita da Prioreschi e De Nicola, sentiti immediatamente dopo l’ex dg bianconero. I tre, quindi, avrebbero organizzato l’incontro con la “Iena” solo per declinare un invito? Una circostanza anomala, secondo gli inquirenti. E non solo perché sarebbe bastato alzare la cornetta e fare una semplice telefonata. Ma anche per la coincidenza dei giorni, esattamente a ridosso del video che ha poi fatto esplodere il caso. Il primo a non vederci chiaro, del resto, è stato proprio lui, Calabresi. “Gioviale, simpatico, ha esordito chiamandomi cardinale, ripensando allo scherzo che gli avevo fatto qualche anno fa. Però mi sono chiesto cosa voleva da me – aveva raccontato circa un mese fa – Insomma la telefonata era stata strana. Non mi aveva mai chiamato prima, mi ha fatto andare in uno studio legale ma per non dirmi nulla. Però mi è sembrato strano che questa telefonata fosse arrivata proprio nei giorni in cui stavo girando i filmati sulla vicenda”

 

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