REPUBBLICA.IT Roma tra rimpianti e critiche: “Che presunzione quella t-shirt”

Daniel Pablo Osvaldo

REPUBBLICA.IT (M. PINCI) – Doveva essere l’immagine della festa. Si è trasformata, quasi in tempo reale, nella ‘cronaca di una morte annunciata’. Strano, il primo derby di Osvaldo con la maglia della Roma. Quando la partita era iniziata da appena cinque minuti, l’attaccante argentino cresciuto con il mito di Batistuta infilava la difesa della Lazio, per poi festeggiare sfoggiando una maglia che non aveva bisogno di premesse: “Vi ho purgato anch’io”, riferimento diretto e inequivocabile a quella t-shirt diventata leggenda con cui Totti, nel ’99, festeggiò la sua seconda rete in un derby e, soprattutto, il 3-1 che gli garantiva la prima vittoria in un derby. L’idea, però, non ha portato a Osvaldo la stessa fortuna. E il risultato finale del match ha posto l’accento su un gesto avventato, velato da un’ombra di presunzione. Ingiustificata.

T-SHIRT E PRESUNZIONE – “Ho capito che avremmo perso il derby quando ho visto quella maglietta”. Il day-after, anche tra i tifosi, sulle emittenti locali, punta l’indice contro quella maglia mostrata a stadio e telecamere che, in caso di vittoria, avrebbe riscritto la storia delle stracittadine romane. L’idea, al centravanti argentino, era venuta durante i giorni passati con la Nazionale, per primo si era confidato con De Rossi, a Roma lo aveva annunciato anche a qualche amico. E, ovviamente, all’autore del messaggio originale, preannunciandogli come avrebbe festeggiato il gol: “Quella maglia? È una mia idea, un omaggio a Totti”, aveva detto con un sorriso grande così Osvaldo durante l’intervallo, già pronto a celebrare il trionfo. Sfacciato, quasi. Klose e la Lazio, però, hanno punito nel modo più doloroso quello che è sembrato, a più di qualcuno, un atteggiamento altezzoso.

TOTTI E REJA – La presunzione di chi, forse perché forte dei 5 derby vinti consecutivamente, sembrava fin dalla vigilia certo di un successo. Sensazione che si fa anche più forte tornando con il pensiero a quel giovedì di Trigoria, a “pranzo” con Francesco Totti. “Il derby? Vincerne 5 o 6 non ci cambia niente”. “L’aquila Olympia? Andasse al mare con i gabbiani”. Un crescendo, fino a quella frase che, il giorno dopo, avrebbe riempito i titoli di ogni quotidiano: “L’uomo derby? Reja, ci porta fortuna”. Lo show è diventato però stridente se confrontato con le immagini del dopogara: Reja sotto la curva Nord, pollici alzati – quasi il negativo del pollice “verso” mostrato da Totti nei due derby del 2010 – a festeggiare la sua prima stracittadina da eroe. Vissuta alla vigilia in tono minore, senza cedere alla voglia di rispondere polemicamente. Lalegge del contrappasso, non solo per Totti ma per tutta la Roma.

L’AZZARDO DI NOVE DEBUTTI – In fondo, che la Roma possa tradireun’anima spocchiosa almeno un po’, è un sospetto nutrito anche da qualche dirigente dopo le prime deludenti gare della stagione, e manifestato direttamente allo staff tecnico. Paradossalmente, però, nella stracittadina l’arroganza che più d’uno a Trigoria avrebbe voluto vedere espressa soprattutto sul terreno di gioco, ha lasciato il posto a gambe molli e un timore fin troppo esasperato degli avversari. Complice, anche, l’azzardo del tecnico Luis Enrique: nove debuttanti assoluti in questa gara schierati dal primo minuto. Alcuni a discapito di giocatori di maggiore esperienza (Burdisso, Juan, Pizarro, Simplicio) e protagonisti del filotto di 5 vittorie in serie contro la Lazio. Scelte che, a posteriori, hanno privato la Roma di quel carattere che avrebbe potuto compensare il crollo dell’impianto di gioco. Anche questa, per il giovane Luis, una lezione da imparare in fretta.

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