Stadio Roma, che succede se la Raggi salta

FMMAGLIARO.BLOGSPOT.COM (F. M. MAGLIARO) – Se effettivamente la Raggi si dimette e le dimissioni divengono effettive per legge si va alla nomina di un Commissario straordinario. Esattamente quanto accadde quando saltò Ignazio Marino e venne nominato Francesco Paolo Tronca. Al Commissario, per legge, sono attribuiti i poteri della Giunta e del Consiglio. Quindi, essendo l’urbanistica materia di consiglio, tutti gli atti inerenti possono essere approvati dal Commissario con i poteri del Consiglio comunale.

Questo significa che è facoltà del Commissario adottare tanto la variante quanto la convenzione urbanistica sullo Stadio della Roma.

Può farlo perché tanto l’una, la variante, quanto l’altra, la convenzione, sono atti dovuti che discendono dagli esiti della Conferenza di Servizi decisoria cui ha preso parte il rappresentante del Campidoglio a seguito di una doppia delibera dell’Assemblea capitolina, quella Marino del 2014, e quella Raggi del 2017 (sono quelle sul pubblico interesseall’opera) in cui la seconda integra e modifica, ma non abroga, la prima.

Che “sia facoltà” non vuol dire automaticamente che lo farà.

Lo farà se:

  1. I due testi fossero pronti nel periodo di carica del Commissario. Possibilmente, verso l’inizio della carica e non verso la fine. (Si andrebbe al voto a fine maggio, quindi, se i testi fossero pronti a metà maggio, è presumibile ritenere che il Commissario attenda. Se i testi fossero pronti a metà gennaio, invece, è presumibile attendersi che li adotti)
  2. Se la personalità del prescelto, sarà abbastanza forte da resistere alle pressioni contrarie (di partiti, movimenti, associazioni e quant’altro), ovviamente a condizione che sia convinto di volerla fare.
  3. Se la personalità del prescelto sarà così debole che, pur essendo convinto di non volerle adottare, le adotti avendo ceduto alle pressioni della piazza

Non lo farà se:

  1. I testi di variante e convenzione non fossero pronti nel suo periodo di carica.
  2. Se la personalità del prescelto sia intimamente convinta di voler comunque attendere l’elezione del nuovo Sindaco e quindi sia più forte delle pressioni mediatiche ad adottare gli atti
  3. Se la personalità del prescelto fosse invece più debole e, quindi, cedesse alle pressioni a non adottare, pur essendo convinto della possibilità/necessità del contrario

Ipotizzando (come ad oggi pare evidente) il periodo febbraio/marzo come quello, ottimisticamente, utile per andare al voto permanendo ovviamente l’attuale Amministrazione in carica, nel caso di non adozione l’eventuale ritardo sarebbe stimabile in un trimestre circa. Vale a dire: marzo per il voto ordinario, attesa della nuova Amministrazione nel pieno potere, metà giugno 2019, quindi: marzo-giugno come attesa ulteriore.

Ovviamente, se il tempo di predisposizione degli atti di variante/convenzione fosse superiore, il ritardo sarebbe di meno. Viceversa, fosse inferiore rispetto all’ipotesi febbraio/marzo, ovviamente il tempo perduto sarebbe maggiore.

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