Manita, ma che fatica. Dopo un primo tempo stregato, sfatato il “tabù” Olimpico

Sandro e El Shaarawy

(D.Lo Monaco) – Arriva alla fine di una complicatissima partita il quarto posto della Roma, quello buono per la zona Champions, e si consuma così il sorpasso ai danni della Lazio. Arriva con un risultato roboante (5-2) contro la cenerentola Benevento e grazie soprattutto allo straordinario talento di Cengiz Ünder, autore di una doppietta e di un assist nel momento decisivo della partita. Ma lo sviluppo della serata è stato terrorizzante per i 30.000 romanisti calati nel gelo dell’Olimpico. C’erano 37 punti tra le due squadre alla vigilia, eppure questa differenza così evidente sul campo per tutto il primo tempo non si è vista. Grazie sicuramente all’ottima predisposizione al gioco del rinnovato Benevento di De Zerbi, ma soprattutto alla lentezza e alla mancanza di logica tattica della Roma. Il 4231 disegnato sulla carta da Di Francesco in campo si è rivelato una massa informe di giocatori bloccati nelle loro posizioni, con Strootman e Gerson in difficoltà sul primo possesso avversario e poco disposti ad assumersi rischi da regista, oltretutto lasciati al loro destino in fase di non possesso dai quattro attaccanti. Perotti alle spalle di Dzeko non ha mai trovato l’ispirazione e lo spazio per far male, El Shaarawy andava a marce ridotte e lo stesso Edin ha vagato alla ricerca di un pallone buono e quando ce l’ha avuto (al 15′, col Benevento già in vantaggio) ha colpito di testa senza convinzione, e Puggioni ha respinto facilmente in tuffo.

L’unico che si è dannato l’anima sin dall’inizio è stato proprio Ünder, il più giovane, il più fresco, il più motivato, il più veloce peraltro. E l’unico in grado di reggere il ritmo indiavolato dei ragazzi di De Zerbi nel primo tempo. Il Sarri del futuro ha sorpreso all’inizio Di Francesco con una versione diversa del suo 433, virato sul 4141, con scaglionamenti sorprendenti tipo Brignola e D’Alessandro dalla stessa parte (le due ali utilizzate col Napoli uno a destra e uno a sinistra), col chiaro intento di mettere in difficoltà sul piano dinamico Kolarov. E infatti già dopo due minuti Brignola ha trovato da quella parte il varco giusto e quando è entrato in area invece di tirare ha cercato al centro Guilherme, arrivato in ritardo di un soffio. Il brasiliano è stato più fortunato cinque minuti dopo quando un’altra manovra avvolgente del Benevento, stavolta a sinistra (Florenzi svagato come il serbo, per un tempo non s’è visto) lo ha liberato al di qua del limite dell’area romanista: lui è stato bravo a spostarsi il pallone sul sinistro e a calciare subito, meno fortunati lo stesso Florenzi e Manolas intervenuti sul pallone giusto per arrotondare l’effetto opposto alla traiettoria e impedire alla manona protesa di Alisson di intercettare.

Ma gli ospiti non si sono accontentati del gol e per altri minuti hanno letteralmente terrorizzato l’Olimpico, con quel sistema multiforme, con D’Alessandro e Djuricic che giocavano esterni, ma in non possesso stavano sempre più bassi dei mediani, Brignola da una parte e Viola dall’altra. A far da regia l’esperto Sandro, classe ‘89, ammirato tanti anni in Premier League e ora disposto ad accettare questa strana scommessa del presidente Vigorito: significativo l’episodio al 40′, quando ha regalato un pallone insidioso a Perotti a metà campo e l’ha poi inseguito fino alla sua area di rigore per sfilarglielo di nuovo proprio al momento del tiro. La Roma? Non pervenuta, nonostante qualche palla-gol l’abbia creata, con Perotti, quella già citata di Dzeko e poi al 21′ su incornata di Manolas da corner respinta di spalla da Viola, con successiva ribattuta alta di El Shaarawy. Ma il pareggio è arrivato su una punizione tipo quella che portò al successo all’ultimo respiro col Cagliari, guarda caso l’ultima vittoria casalinga prima di ieri. Kolarov a battere tagliato in area da trequarti e Fazio a rifinire, stavolta di testa.

I fischi piovuti dopo il fischio finale del primo tempo e qualche variazione tattica imposta da Di Francesco all’intervallo (cambiate posizioni ai trequartisti: da destra El Shaarawy, Ünder e Perotti) devono aver smosso qualcosa nei romanisti che nel secondo tempo si sono presentati con un altro spirito. Dopo 11 minuti Di Francesco ha tolto El Shaarawy per Defrel, messo centrale: per farlo ha rimesso Ünder a destra e Perotti a sinistra. E proprio da destra è nato lo strappo decisivo del turco che ha sorpassato in corsa lanciata Costa e ha crossato per Dzeko, stavolta bravo a incornare sotto la traversa saltando su Venuti. L’Olimpico si è come scongelato e la curva è tornata a dedicarsi alla Roma dopo aver salutato più volte nel primo tempo i 2000 campani nel distinto Nord col poco simpatico coro ispirato al Vesuvio solitamente riservato ai corregionali del Napoli. Tre minuti dopo, il 3-1 che ha chiuso la questione, con lo scatenato turco che ha cominciato e finito l’azione, passata per Dzeko e Perotti, fino a lasciare impalato Puggioni. E come se non fosse sufficiente a capire chi dovesse appuntarsi la medaglia di imperatore dell’Olimpico, è arrivato anche il gol del 4-1, con un sinistro a giro dal limite a spegnersi ancora sul paletto opposto: due gol e un assist a incorniciare una partita perfetta. La sua, almeno. Non quella della Roma che non ha avuto neanche il tempo di rilassarsi che è arrivato il 4-2 a tenerla sveglia, con il tarantolato Guilherme a impostare e Brignola, classe ‘99, ex Allievo della Roma, a rifinire e a segnare il primo gol in serie A. Infine Djimsiti ha fermato di mano un assit di Dzeko e Defrel, ricevuta l’investitura dallo stesso Dzeko, ha trasformato il 5-2. In campo c’erano pure Schick e De Rossi: bentornati.

fonte: Il Romanista

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