Bruno Peres, l’esclusione con la Spal sa di “game over”

Bruno Peres

In principio doveva essere l’erede designato di Maicon Douglas Sisenando. Non proprio uno qualunque. L’esterno in grado di spingere e spumeggiare sull’out destro, offrendo corsa, esplosività, giocate d’autore, qualche gol e magari una discreta resa sul piano difensivo. Fin qui si è rivelato più un mix tra Sbirulino e l’ultima sbiadita versione di Cicinho. Tante buone intenzioni accompagnate da un quantitativo enorme di errori, spesso marchiani, banali, quasi da ABC del gioco del calcio. Risultato? Giudizio unanime negativo nei suoi confronti. Per i tifosi romanisti, Bruno Peres è da bocciare. E forse non solo per loro.

Lo scorso anno Luciano Spalletti diede tanta fiducia al ragazzo. Lo mise in condizione di rendere al massimo, svincolandolo da gravosi compiti di copertura in un’ipotetica linea difensiva a 4, schierandolo largo a destra in un più congeniale 3-4-2-1. Suppergiù lo stesso ruolo interpretato durante le positive stagioni nel Toro di Ventura. Poi, a suon di errori, anche Luciano si è arreso, tornando giocoforza al 4-2-3-1 pur di estromettere dall’undici l’impresentabile Bruno, non avendo alternative a tutta fascia a causa dell’indisponibilità di Florenzi. Dunque, annata conclusa con Rudiger terzino destro e il brasiliano defenestrato. Ultima gara da titolare per l’ex granata il 1° aprile, contro l’Empoli. Sempre out per scelta tecnica nelle ultime nove partite ufficiali. Un segnale chiarissimo.

E dopo Spalletti, anche Di Francesco sembra aver perso la pazienza. Nelle prime dieci sfide dell’attuale stagione, Bruno Peres è partito titolare in 7 occasioni, accumulando un totale di 633’. Contro l’Inter, a fine agosto, non giocò esclusivamente per infortunio. Solo due volte è rimasto a riposo per scelta tecnica, contro Verona e Udinese. Il 18 ottobre, forse, la svolta in negativo: il match di Champions a Stamford Bridge e il gol del provvisorio 2-0 del Chelsea (di Hazard) nato da una follia di Bruno. Un’incomprensibile giocata in orizzontale utile a far partire il letale contropiede dei blues. Da lì, altra storia. Nelle ultime nove gare, al netto di un infortunio che lo ha tenuto ai box per un paio di settimane, l’ex Toro ha totalizzato la miseria di 167’, partendo solo due volte dall’inizio: contro il Bologna, giocando fuori ruolo (a sinistra), e contro l’Atletico in Europa, rimediando all’81’ la più goffa e ingenua delle seconde ammonizioni a causa di un inutile pestone ai danni di un avversario. Risultato? Rosso, Roma costretta a rinunciare al forcing finale e a subire, in inferiorità numerica, il 2-0 di Gameiro.

Gravi amnesie, cali di concentrazione, errori di concetto e di misura. Di Francesco non può esser rimasto indifferente di fronte agli sbagli reiterati di un calciatore che, nonostante la fiducia e lo spazio concessogli, è riuscito a sprecare clamorosamente ogni opportunità di riscatto. Il responso delle pagelle è impietoso: il 6,4 col Benevento (non il Real Madrid) è la miglior media dell’anno per Bruno. Escluso a sorpresa dal match contro la Spal. Se Florenzi, venerdì sera, fosse incappato in un infortunio, contro il Qarabag avrebbe giocato un adattato, vista la squalifica di Peres. Ecco perché tutti, alla vigilia, erano convinti della titolarità del brasiliano. Eppure Eusebio ha preferito il rischio, pur di non affidarsi (scusate il gioco di parole) ad un’inaffidabile certezza. Evidentemente, persino il saggio gestore del gruppo giallorosso ha smarrito le speranze di rilanciare un giocatore che, a un mese dall’inizio del mercato di gennaio, potrebbe ritrovarsi sul taccuino di Monchi alla voce “gente da sistemare altrove”.

Alessio Nardo

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