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GGR – Si fa ancora il tifo per la Roma?

(D.Luciani) – C’erano una volta gli stadi che trascinavano le squadre alla vittoria. San Siro era la Scala del calcio, l’Olimpico un catino infuocato, il San Paolo un festival di colori e trambusto. C’erano campi quasi inespugnabili per la sana pressione portata dagli spalti, complicatissimi anche per le grandi del campionato. Verona, Bergamo, Bari, Lecce, Palermo, Cagliari… Non c’era una trasferta del campionato italiano in cui si era certi di uscire con la vittoria. Ogni stadio poteva influenzare in maniera positiva la prestazione della propria squadra, poteva risultare determinante. E’ vero, alcune città non hanno più squadre all’altezza e non è nostalgia. Le situazioni cambiano ed è giusto che altre città abbiano la possibilità di misurarsi con il massimo livello. Il Sassuolo ha dimostrato che con basi economiche solide e con buona programmazione tecnica si possono raggiungere ottimi risultati. Le nobili decadute ci sono sempre state, per il “Purgatorio” della Serie B – oggi campionato molto equilibrato e divertente con un presidente di Lega (Abodi) dalle idee importanti – sono passati in tanti. L’abbassamento della qualità media della Serie A però è lampante, con i primi tre posti definiti quasi da metà campionato e la lotta alla retrocessione rimessa in discussione solo dall’imbarazzante cammino di Genoa e Empoli.

Ecco prendiamo proprio il Genoa ad esempio: una squadra capace nel girone d’andata di strapazzare 3-1 la Juventus in lotta verso il Triplete. Sicuramente una giornata storta dei bianconeri ma il “Ferraris” ha inciso in quella partita, trascinando i rossoblu che poi, sia per le cessioni di Rincon e Pavoletti sia per essersi un po’ montati la testa, lì sono rimasti. Ma non è questo che ci preme sottolineare. Vogliamo riflettere sulla scomparsa del tifo, ormai trasportato sui mezzi di comunicazione e sui social network, sempre più inacidito e individuale. Per carità, non facciamo i bigotti: ne facciamo parte e senza i social probabilmente non saremmo qui a scrivere dato il loro notevole apporto alla diffusione dei siti internet. Però una riflessione potrebbe essere tentata. Perché il pubblico italiano, ed in particolar modo quello romanista – perché noi con questo ci confrontiamo ogni giorno – è così inferocito? Non parliamo dello sfottò becero come quello inscenato dai tifosi biancocelesti al Colosseo con manichini imipiccati con le maglie della Roma. Quello c’è sempre stato e, per quanto deprecabile e condannabile, rientra nello sfottò tra tifoserie.

Perché ognuno deve prevaricare l’altro con la propria idea? Perché in Curva Sud non si è liberi di fare il tifo per la Roma? Ci si è sempre vantati della capacità di supporto nei momenti belli e in quelli difficili. Domenica, dalla tribuna stampa, ci ha colpito l’assistere al silenzio dei tifosi della Roma dopo il gol di Basta. Non parliamo solo della Curva, ma di tutti i settori. C’erano 40 minuti più recupero da giocare. Di un derby importante per la classifica e per il morale, soprattutto dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia. E’ vero, la squadra ha deluso e magari avrebbe perso lo stesso, ma dopo tutte le lotte fatte per poter tornare ad essere a fianco dei propri colori, è arrivato il silenzio. Pochi gruppi hanno mostrato il proprio disagio davanti a questa situazione e solo nel momento in cui sono arrivati i primi cori che non erano per la Roma ma per i tifosi diffidati.

L’influenza dei mezzi di comunicazione su tutte le frange del tifo negli ultimi anni è stata devastante.

I giornali scelgono una linea da seguire e ogni giorno martellano. Tattiche di marketing più o meno condivisibili ma individuare un buono e un cattivo fa vendere. Spaccano, dividono invece di andare ad approfondire i motivi per cui una squadra non riesce ad esprimere la sua forza. Analisi accurate attraverso dati da scandagliare (sapendoli leggere ed interpretare ovviamente) e video da studiare nei dettagli. Perché a certi livelli la differenza è soprattutto lì. Certo, ad un comunicatore non può essere un match analyst o un allenatore, ma indubbiamente una più approfondita comprensione della materia aiuterebbe nel sacrosanto e inviolabile diritto di critica.

Identicamente ai giornali fanno le radio che parlano di Roma in diretta quasi h24. Trasmissioni corte e lunghe, toni da bar o da pseudo-intellettuali. Confronti duri, frasi forti. Vengono prese posizioni, gli uni contro gli altri, al fianco di un allenatore o di un giocatore. Contro un personaggio. Scarsi tentativi di critica costruttiva o di analisi approfondita. E’ un mercato che funziona, che “tira”, come quello – in misura inferiore e in parte diversa – dei siti, che cercano titoli cosiddetti “acchiappa-clic”. Esistono veri e propri corsi che insegnano a “scrivere bene su Internet”. I tifosi si legano al pensiero del giornalista, dell’opinionista, dello speaker. Vanno avanti per slogan e opinioni.

Non c’è più la Roma al centro, c’è solo quello che si pensa della Roma o di un giocatore o di un allenatore o di un dirigente o di un presidente.

Ognuno è libero di dire la propria, di pensarla come vuole, di agire come desidera. Sembrano frasi retoriche ma è la Costituzione italiana a decretarlo. La bellezza del calcio risiede anche nell’occasione offerta a chiunque di dire la propria. Chi va allo stadio o chi per piacere, necessità o impossibilità si mette davanti alla tv per seguire la propria squadra, lo fa per quel sentimento che gli scoppia nel cuore e nella testa più o meno da bambino. Almeno inizialmente. Poi, alle prime giocate sbagliate viene fuori il tifoso impregnato delle proprie idee a sua volta intriso della faziosità con cui viene bombardato ogni giorno dai mezzi di comunicazione. Questo è ancora tifare?

Attenzione, lungi da noi voler anche solo sottintendere che il rendimento della squadra venga influenzato negativamente da questi fattori. Piazze ugualmente se non più opprimenti vedono piovere successi e trofei ogni anno. Di sicuro non aiuta, non porta nuove generazioni di tifosi allo stadio, dove le emozioni profonde non esistono quasi più. Dove si fa quasi fatica ad esultare anche ad un gol della propria squadra del cuore. Dove si fa fatica a strillare “Forza Roma”.

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