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Repubblica Totti all’ultimo respiro e la Roma si prende il derby con la Lazio

(M. Pinci) E derby sia. Ma è una fatica tremenda, perché dopo l’eliminazione di un anno fa con lo Spezia pure il Cesena, altro ostacolo solo sulla carta di serie B, toglie il respiro alla Roma. Soffocata per 94 minuti dalla propria superbia, che trasforma Manolas in uno di quelli che fanno di tutto per rovinare la festa dei loro amici. Nemmeno il più pessimista dei ventiseimila dell’Olimpico immaginava di lasciare il proprio posto dopo 94 minuti di lentissima agonia, straziato dalla trasandatezza di una Roma convinta nell’atteggiamento di meritare la qualificazione per diritto divino, prima di accorgersi di non meritarlo affatto. Mentre il romanista Salah trascinava l’Egitto nella finale di Coppa d’Africa, a Roma i suoi colleghi cercavano disperatamente di evitare di arrivare ai supplementari. Evitandoli solo grazie a un rigoretto concesso tre minuti dopo il 90° e trasformato da Totti, che pure stavolta salva la Roma e Spalletti, abbracciandolo pure. «Per ora mi godo questi tre mesi, e poi deciderò cosa fare per il futuro» ha poi detto a fine match il capitano. Non è un alibi il turnover quasi invisibile: perché se a riposare sono rimasti De Rossi e Fazio, Dzeko è entrato dopo meno di venti minuti e dopo 45 s’è visto pure Nainggolan.

Abbastanza per superare la quartultima delle ventidue di serie B, che in campionato ha vinto una delle ultime cinque partite e che tra Perugia e Ascoli nell’ultima settimana ha incassato cinque gol. Ma nonostante i (de)meriti romanisti, la sorte aveva tanti motivi per dirottare la Roma lì dove l’aspettava la Lazio. L’ennesima rivincita della finale del 2013 vinta dai biancocelesti e mai digerita a Trigoria. Ma pure l’occasione per testare la profondità della rosa, con quei dieci giorni in cui Spalletti si troverà a giocarsi il ritorno dei sedicesimi di Europa League col Villarreal, l’Inter a San Siro, l’andata con la Lazio e il Napoli. Il doppio derby di coppa solleva però già un caso: quello dell’orario. Per prudenza, proprio temendo l’accoppiamento, la Lega ha comunicato le date delle semifinali ma non l’orario. Perché a Roma, è convinzione generalizzata, il derby va giocato col sole per motivi di ordine pubblico. Quindi alle 15, o giù di lì. Ma la Rai spende 22 milioni all’anno per la coppetta che non piace alle pay-tv, e ha il diritto alla prima serata.

In fondo per il quarto di finale Inter-Lazio ha fatto numeri impressionanti: 20% di share e 5 milioni e mezzo davanti alla tv, più dell’isola dei famosi. Figurarsi che numeri regalerebbe un derby: davanti a una questione di sicurezza dovrebbe inginocchiarsi, ma le diplomazie di Viale Mazzini sono già al lavoro per non dissipare un patrimonio potenzialmente enorme. Una questione in più per il nuovo questore di Roma. Ma non l’unica. Perché lo spettro del derby di coppa si proietta sulla capitale proprio mentre il ministro dello Sport Luca Lotti decide di togliere le barriere che avevano svuotato l’Olimpico degli ultrà più accesi. Anche se la questura preferirebbe rimandare la rimozione delle barriere a dopo aprile, meglio ancora al prossimo campionato. Ma la direttiva potrebbe diventare esecutiva prima: e i tre derby in due mesi diventerebbero l’occasione giusta per mettere alla prova i tifosi di Roma e Lazio.

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