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Il Messaggero Diego, la “scimmietta” con il calcio in testa

(A. Angeloni) Poco più di un anno fa, quando la Roma stava per chiudere il girone di andata affrontando, guarda caso, proprio il Milan, radio mercato riproponeva per i colori giallorossi il nome di Diego Perotti, detto il Monito, ovvero la scimmietta, per la sua corsa rapida ed elegante. Tanti i dubbi da queste parti, non tanto per le qualità del calciatore, che aveva dimostrato di essere forte pure nel Genoa, quanto per la sua collocazione tattica nella squadra di quel periodo. La Roma era allenata da Garcia che come trequartista aveva Pjanic, sugli esterni Gervinho e Salah. Diego era necessariamente un’alternativa, e alla Roma in quel periodo serviva altro. Quasi un arrivo sprecato, insomma. Poi Spalletti ha cambiato tutto e la storia oggi racconta di un Perotti inamovibile, quasi come Gervinho per Rudi. E’ uno di quei giocatori che ha il pallone posato sul piede, la corsa a testa alta, bravo nell’assist anche se non eccezionale nel numero di gol, ne ha sempre fatti pochi. Quest’anno in campionato ha segnato solo su calcio di rigore, una rete su azione l’ha disegnata in Europa League, con quella rabona che lui stesso ha ammesso non fosse nata proprio per il gol ma per un cross. Ma questo poco importa. E’ quasi una anno che indossa la maglia della Roma (ha esordito sul campo del Sassuolo nello scorso febbraio) e quella di stasera sarà la sua prima contro il Milan da quando si è trasferito nella capitale. Nell’ultima dello scorso campionato, giocata a San Siro, Diego era assente per una piccola ferita a un piede. L’ultima volta che ha giocato contro i rossoneri indossava la casacca del Genoa ed era il 27 settembre del 2015, a Marassi e ha vinto (1-0 rete di Dzemaili).

COME SI CAMBIA Spalletti lo ha rivalorizzato, lo ha lanciato definitivamente, facendo di lui un calciatore completo. Soprattutto abile a fare gioco, sia se lo metti sulla fascia (a destra o sinistra, con preferenza per quest’ultimo) o al centro (trequartista o finto centravanti). Lucio non fa più a meno della sua qualità, del suo piede delicato, un po’ come Montella non rinuncia mai a Suso. Che è un po’ il Perotti mancino del Milan. Diego è diventato una sorta di playmaker avanzato. E’ quello che, in sostanza, ha dovuto prendere il posto di Pjanic: lo scorso anno riusciva a giocare senza Dzeko e quest’anno lo assiste (sei assist e cinque reti in campionato). E’ lelemento chiave della Roma, uno dei calciatori con maggiore qualità e in una partita come quella di stasera. nella quale si affrontano due signori allenatori, la fantasia può far saltare il banco. Diego da una parte e Suso dall’altra. L’imprevedibilità torna al potere, perché Diego è uno che sa far innamorare la gente, che ha bisogno di sognare. Proprio nel periodo in cui manca l’idolo di sempre, cioè Totti.

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