REPUBBLICA L’altra Roma di Spalletti prova a sorprendere il Real, i sogni di una stagione nella notte più difficile

Spalletti e Manolas
Spalletti e Manolas

(E. Sisti) – “Mpressionante!”, Lo dice alla romanesca, sorridendo, gesticolando con la mano, e senza la “i”. Cristiano Ronaldo non ha mezzi termini per descrivere Totti in conferenza stampa: «Un esempio per tutti ma soprattutto per i bambini». Ma proprio per la crescita della sua amata Roma, e per l’espandersi della rosa, questo «esempio per tutti», questo ragazzino di quasi 40 anni, stasera rischia di vedersela in tribuna la partita sulla quale la Roma ha soffiato per giorni e giorni nella speranza di allontanarla o di farla sparire per sempre. Troppo triste l’ultima Roma di Garcia, che non batte nemmeno il Bate, per non sovrapporre Real, Bayern e Barcellona. Ora abbiamo il 50% di possibilità di passare, dice Spalletti. Zidane non ci crederà però accetta la percentuale: «Partite più complicate di quel che sembra, hanno un sottofondo torbido». Sembra di ascoltare Ferguson mentre ammira le italiane «che si nascondono».
A Natale era tutto diverso a Trigoria e a Valdebebas. C’era ancora Garcia, ma ormai era mezzo squagliato. C’era ancora Benitez, ma ormai aveva smesso pure di grattarsi il pancione. Ai primi di gennaio sono arrivati Zidane (4) e Spalletti (14). Uno ha ringhiato, ha acceso il suo “hairdryer”, ha picconato. Riprendendosi il posto lasciato nel 2009, sfruttando la qualità degli ultimi arrivati che in un attimo, evangelicamente, sono diventati i primi (di cui fidarsi), Spalletti lavora e brontola per dar vita alla squadra che non c’era, una creatura fatta di stile, carattere, nuove convinzioni, calma, forte fisicamente e con una rosa che stasera rende complessa (o sgradevole) persino la scelta dei panchinari (in tribuna Totti, Falque, Zukanovic, Castan?). Zidane ha solleticato il talento immenso di giocatori che considera amici, in fondo Zizou si sente ancora uno di loro. Con lui il Madrid segna a raffica, davanti si muovono come ballerini.
Roma-Real Madrid (arbitrerà il ceco Kralovec) è diventata una sfida fluida e molto più equilibrata, adesso che con Zidane la fase difensiva del Madrid conta meno (e forse è meno curata) e che con Spalletti la fase offensiva della Roma matura solo dopo attenta anamnesi della natura dell’avversario (giocare palla a terra con passaggi rapidi e forti per intensità e con un nove che s’abbassa e con esterni che non danno riferimenti ai terzini può essere la chiave multipla per creare difficoltà irrisolvibili a Ramos e Varane?). E poi ci sono le forze oscure di un gruppo neurologicamente ritrovato (Psicoria non esiste più), c’è l’Olimpico che tornerà a riempirsi e allora sarà come il cantante che ritrova estro e intonazione dopo aver steccato davanti a un’arena vuota. Forse anche l’ultimo ragazzo lassù, in cima alla Curva Sud, quella sparita per mesi, potrebbe avere un ruolo nell’azione giusta, stasera, se veramente se la giocassero alla pari. Il Madrid ha capito: lo struscio magari lo facciamo giovedì.
A dicembre i giallorossi più demotivati avevano perduto il senso dell’eccitazione collettiva ed esaurito gli effetti della trance individuale. Ora invece c’è una partita.
Del Madrid Spalletti teme le devastanti ripartenze. Della Roma loda il ritrovato gusto del sacrificio. L’ultima sua volta con la Roma in Champions (marzo 2009) fu messa in busta chiusa dal rigore sbagliato di Tonetto contro l’Arsenal. La lettera fu spedita alla Sig.ra Trigoria, p.zzale Dino Viola. Aperta sei mesi dopo, cacciarono Spalletti. Brutti ricordi ma grande stimolo. Zidane oppone una forza che trae linfa da passato e presente in egual misura: la “decima” va ascritta ad Ancelotti. Uno dei tanti che unisce e divide questi due club antitetici: da Falque a Del Sol, da Capello a Boskov, da Cicinho a Cassano, da Baptista a Heinze e all’immancabile “romanista” Luis Enrique. Vince chi ne fa due per primo?

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