CORRIERE.IT Arresti alla Fifa: va in frantumi il regno (e il sistema) di Sepp Blatter

Joseph Blatter
Joseph Blatter

(F. Monti) – Qualunque siano le conclusioni dell’indagine dell’Fbi, gli arresti a sei altissimi dirigenti della Federcalcio mondiale mettono fine all’era di Joseph Blatter, che guida la Fifa dall’8 giugno 1998, quando era stato eletto a Parigi, battendo per manifesta superiorità l’allora candidato dell’Europa, Lennart Johansson. Blatter, 79 anni, svizzero di Visp (Canton Vallese), è stato rieletto nel 2002, nel 2007 e nel 2011 e il Fifagate è scoppiato 36 ore prima del congresso del calcio mondiale che avrebbe dovuto confermarlo alla presidenza per altri quattro anni.

È possibile che la maggioranza dei delegati delle 206 federazioni lo rielegga, ma è il sistema Blatter ad essere andato in frantumi in queste ore. Come spesso avviene per i Grandi della storia, c’è sempre un momento in cui la voglia di sfidare il destino rappresenta un passo fatale e segna la fine di un ciclo. Blatter era riuscito a superare indenne la tempesta del 2002, quando il fallimento della Isl, travolta dai debiti, dopo aver acquisito i diritti tv del Mondiale nippo-coreano, ne aveva messo addirittura in dubbio lo svolgimento. Il congresso di Seul era stato una battaglia senza esclusioni di colpi: Blatter eletto fra le polemiche era stato costretto a ripagare chi gli aveva dato il voto, con direzioni arbitrali al di sotto di ogni sospetto, che avevano portato all’eliminazione di Italia (arbitro Moreno) e Spagna contro la Corea del Sud, abilmente pilotata al quarto posto. Blatter, che in qualche modo era riuscito a salvarsi, riconsegnando semifinali e finali ad arbitri europei (Collina), aveva fatto cambiare lo statuto: elezione per la presidenza sfalsate rispetto al Mondiale. E nel 2007, era riuscito a fare in modo che il Congresso gli chiedesse di essere rieletto e lui, in lacrime e fra gli applausi, aveva opposto un fiero sì: «Grazie, accetto, perché la Fifa è la mia vita».

Ma è stato il Mondiale 2010, in Sudafrica, a segnare il punto massimo del regno di Blatter. Contro tutti coloro che sostenevano che la coppa in Sudafrica sarebbe stato un fallimento, aveva vinto la sua battaglia, con un’edizione perfetta dal punto di vista organizzativo, al punto che qualcuno avrebbe voluto offrirgli la carica di ministro dell’Economia sudafricana. Aveva sorriso e pianto, incontrando Mandela; aveva distribuito soldi a tutte le federazioni, prima di cominciare, perché Blatter ha trasformato la Fifa in una macchina da soldi, per la felicità di tutti, con un giro d’affari nel 2014 di 2 miliardi di euro. Lì avrebbe dovuto annunciare che non si sarebbe ricandidato nel 2011, invece ha voluto forzare la mano, obbligando l’Esecutivo a scegliere le sedi non di un Mondiale (2018), ma di due (2018 e 2022).

La scelta del 2 dicembre 2010 della Russia e soprattutto del Qatar (in estate, come da documenti ufficiali) ha fatto nascere il partito degli oppositori di Blatter, divenuto sempre più forte e guidato dalle nazioni la cui candidatura era stata bocciata: Gran Bretagna e Stati Uniti. La rielezione del 2011 era stata preceduta dalla radiazione (per corruzione) del ricchissimo sfidante di Blatter, il qatariota Mohamed Bin Hammam, così Blatter si era presentato da candidato unico, raccogliendo 186 su 203. «Una votazione con un solo candidato è molto simile ad un mandato fraudolento», aveva tuonato il presidente della Federcalcio inglese, David Bernstein . Ma nonostante l’ elezione plebiscitaria, per Blatter la vita si è fatta difficile, nel segno di una immoralità dilagante, dove quasi tutto è stato fatto in cambio di soldi e di favori.

Blatter aveva promesso la rivoluzione. «Abbiamo sbagliato, ma abbiamo imparato la lezione. Personalmente ho preso tante sberle. La nave ha preso acqua ed è per questo che dobbiamo ridarle stabilità. Io sono il capitano, tocca a me la responsabilità di compiere i passi necessari, ma lo posso fare soltanto attraverso il vostro aiuto, perché la Fifa siete voi. Servono riforme radicali, fatti concreti e non ritocchi, perché mai più la Fifa si trovi in una situazione indegna come questa. Molti dei mali attuali provengono dalla popolarità del calcio e in particolare dal Mondiale. Tocca a noi reagire. Primo punto: è giusto che la scelta del Mondiale venga fatta dai 24 membri dell’ Esecutivo? No e per questo d’ ora in poi la designazione sarà decisa dal Congresso, su una lista di candidature presentate dall’ Esecutivo. Secondo: il Comitato etico deve acquistare più importanza, nel segno della tolleranza zero, diventando una commissione indipendente. In più occorre un organismo che indaghi su tutto quanto è stato detto contro la Fifa in questi mesi: una commissione composta da personalità all’ interno della Fifa, con possibilità di ricorrere a figure esterne. Qui è in gioco la responsabilità di tutti noi, per costruire un futuro migliore. Le finanze sono eccellenti, ma dobbiamo proteggere il calcio. Se lavoreremo insieme, la Fifa ritroverà unità, disciplina e fair play».

Hanno parlato anche i due massimi sostenitori di Blatter. Le riforme sono state più apparenti che di sostanza; la relazione Garcia sull’assegnazione del Mondiale in Qatar sono state per un quarto rese pubbliche e per tre quarti secretate. Blatter ha cercato di distogliere l’attenzione dalle questioni finanziarie, distribuendo ricchezza anche prima del Mondiale 2014 in Brasile, ha lanciato l’idea della tv a bordocampo, ha coltivato gli elettori non Europei, perché il vecchio Continente gli ha voltato le spalle. Platini ha rinunciato a candidarsi, Figo e Van Praag hanno preferito ritirarsi a metà maggio, per lasciare spazio al principe giordano Alì, unico sfidante di Blatter all’elezione del 29 maggio che ha detto: «Questo è un giorno triste per il calcio. Stanno uscendo i dettagli di questo grande intrigo; la Fifa deve recuperare trasparenza e forza».

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