CORRIERE DELLA SERA In Italia ci si infortuna di meno ma non ditelo a Juve e Roma

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(P. Tomaselli) La serie A è più lenta, più tattica, più attempata degli altri grandi campionati? Tutto vero, ma c’è anche un lato positivo della faccenda:nel campionato italiano gli infortunati sono decisamente meno che in Germania e Inghilterra, tornei giocati a ritmi più elevati e per questo anche più usuranti. La statistica sui giocatori fermi ai box è elastica per sua stessa natura, perché raggruppa gli infortuni cronici e quelli di pochi giorni. Ma alla ripresa del nostro campionato mancheranno grossomodo una settantina di giocatori.

Un dato perfettamente in linea con le statistiche Uefa sugli ultimi 10 anni del calcio di tutta Europa, che su rose di 25- 28 elementi prevede un 12% di calciatori costantemente fuori uso. Va molto peggio in Bundesliga, dove forse qualcuno ha tirato la corda in vista della sosta di quaranta giorni: fatto sta che i giocatori fermi con acciacchi più o meno lunghi da risolvere sono circa centoventi, con una media di sei a squadra che è quasi il doppio di quella italiana. In Premier League gli azzoppati sono quasi un centinaio. Su questo dato incide sicuramente il fatto che in Inghilterra il football non conosce sosta neanche tra Natale e Capodanno, ma allo stesso tempo nel campionato degli infortuni salta all’occhio il primato del Chelsea di Mourinho: nessun infortunato in questo momento e ultimo posto anche nella classifica che tiene conto di tutti i giocatori indisponibili dall’inizio della stagione. Perché stare bene aiuta a vincere e Mou non ha mai smesso di considerare inscindibili i due aspetti, basti pensare all’Inter di ferro che centrò il Triplete. Ma anche alla Juventus del triennio di Antonio Conte. Perché, come ha sancito il vice-capo della commissione medica della Uefa Jan Ekstrand nella sua dettagliatissima analisi dei traumi muscolari o ossei dal 2001 al 2014 «la fortuna non esiste e sugli infortuni incidono molto anche gli allenatori». Con i loro staff ovviamente, ma anche con le loro scelte.

La sorte può incidere in parte, così come l’usura o lo stress psicofisico. Ma se in un decennio sono crollati (del 31%) gli infortuni ai legamenti mentre è rimasta invariata l’incidenza dei problemi muscolari, vuol dire che ci sono club che ne hanno pochi e altri che ne hanno troppi: un gruppo di lavoro all’altezza e strettamente legato all’allenatore fa la differenza. La serie A gode di discreta salute, ma i mesi più duri stanno per arrivare e il responsabile medico dell’Inter, Piero Volpi, lancia l’idea delle cinque sostituzioni a partita.Champions League (col 29%) e Nazionale (col 27%) sono i terreni dove i giocatori si fanno più male e forse la Juve di Allegri ha di che preoccuparsi, anche se le statistiche dimostrano che giocare ogni tre giorni non incide più di tanto sugli infortuni. Ma i tricampioni d’Italia con le assenze prolungate di Barzagli (da inizio stagione), Asamoah, Romulo e Marrone, hanno la coperta corta soprattutto in difesa, dove solo il recupero di Caceres attenua l’emergenza.

La Roma di Garcia ha trascorso un autunno travagliato (fino a 9-10 indisponibili) ma riparte senza due casi limite come Castan (operato per un cavernoma) e Balzaretti. Il ginocchio di Maicon non dà grosse certezze, ma anche quello di Vidal ha tolto ad Allegri il contributo migliore del cileno, atteso a un inizio 2015 ben diverso. Inzaghi perde Mexès (per una decina di giorni) e Bonera ma ritrova in gruppo De Sciglio, Abate e Rami. Mancini rivede Jonathan ed è sempre in attesa di un Palacio rimesso a nuovo. Dopo i lunghi stop di Montolivo e Strootman, attesi anche loro al top della forma in qualche settimana, assieme a quello di Barzagli (senza una data per ora), il rientro più importante dei prossimi mesi sarà senz’altro quello di Giuseppe Rossi, previsto per marzo. Seguito da quello del suo compagno nella Fiorentina, Federico Bernardeschi, e da quello di Lorenzo Insigne, operato al crociato il 10 novembre. Conte, che alla Juve non ha mai avuto lungodegenti (a parte Pepe) adesso deve aspettare alcuni uomini importanti.

La serie A a basso impatto potrebbe tornare utile in prospettiva anche alla sua Nazionale. A meno che — tra stage saltati e allenamenti giudicati troppo blandi — non si riveli un’arma a doppio taglio.

 

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