GAZZETTA DELLO SPORT Totti: ”Voglio giocare altri tre anni e poi allenare, magari la Roma”

Totti
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(M. Cecchini) – La città scorre umida e silenziosa intorno noi, ma il viaggio in van verso il centro di Milano, dove lo attende la consegna del Premio Facchetti è confortevole. Di sicuro più del suo viaggio in aereo, rimasto vittima di una turbolenza non banale. Francesco Totti ne sorride. «Abbiamo ballato per un minuto; ho dato pure una capocciata, ma se non ci pensi, la paura passa subito ».

 Però c’è gente che ormai ha paura anche ad andare allo stadio: ha visto Italia-Croazia?

«No, ormai in tv non guardo più le partite. Dopo tanti anni ne ho abbastanza di vedere calcio in tv. Ma ho saputo quello che è successo, anche i miei figli a volte hanno paura ad andare allo stadio: bisogna riportare le famiglie».

 A proposito di Nazionale, ha visto come Balotelli in 5 mesi è passato da uomo simbolo della Nazionale a essere uno qualsiasi?

«Capita. Le cose cambiano in fretta. Ogni allenatore ha le sue idee e giudica quello che accade in campo e fuori».

Avrebbe un consiglio da dargli?

«No, non serve. Glielo hanno dato tutti, ma non ascolta nessuno».

Avesse la sua voglia di calcio… Nell’ultima partita lei si è persino arrabbiato con Garcia per la sostituzione.

«E’ stato un episodio istintivo. La partita dopo ero fuori per squalifica, il Torino non giocava più, sentivo odore di gol e così ci sono rimasto un po’ male. Sono cose che capitano, però finiscono lì. Nello spogliatoio ci siamo chiariti subito».

Sembra che abbia più voglia di segnare adesso di quando ha cominciato a giocare.

«Non credo, mi è sempre piaciuto, anche se prima pensavo più agli assist».

Scambierebbe la sua Scarpa d’oro con un altro scudetto?

«Sì».

E la Coppa del Mondo per la Champions League?

«Ci devo pensare… Però potrei».

Lei è tornato a giocarla dopo 4 anni: quanto tempo dovrà passare perché il calcio italiano torni competitivo?

«Adesso ci sono squadre con più soldi e noi ci siamo indeboliti. Nel 2010 con l’Inter eravamo in vetta, adesso forse serviranno altri quattro anni per risalire, anche se poi capitano fenomeni come l’Atletico Madrid che possono vincere senza essere corazzate. E secondo me cose del genere fanno bene al calcio».

Le ha fatto più male il 7-1 con lo United o l’1-7 col Bayern?

«Quello di Manchester. Non me l’aspettavo. In casa avevamo vinto bene, pensavo che potessimo arrivare in semifinale, invece siano entrati nella storia in quel modo. Col Bayern sapevo che avremmo potuto perdere, certo però non così. E poi Neuer è un fenomeno».

Da Pallone d’oro?

«Sì, ma dovrebbero darne uno per reparto, perché se no alla fine vincono sempre Messi e Cristiano Ronaldo».

Lei nella storia potrebbe entrarci lo stesso: oltre che per i gol, anche battendo il record di Costacurta che, portieri a parte, è stato il più anziano a giocare in campionato (41 anni e 25 giorni, n.d.r.)?

«Più che ai record penso a stare bene. Se sono in condizione come adesso, posso continuare e farcela. Ma bisogna sentire anche l’altra campana (la società, n.d.r.)».

Ma non deve inaugurare il nuovo stadio?

«Se si fa. Alle brutte ci vado come spettatore. Tanto è vicino casa mia».

Da romano, come vede casi come quelli di Tor Sapienza: la città sembra essere diventata intollerante verso gli estranei.

«E’ tutta colpa della crisi economica, che purtroppo scatena una guerra tra poveri. Roma è sempre stata una città accogliente».

Che consiglio darebbe al sindaco Marino, che adesso ha anche le beghe dei permessi per il centro storico?

«Nessun consiglio, altrimenti mi etichettano. Basta che faccia le cose per bene».

 Ma se vincete lo scudetto, li apriranno i varchi per festeggiare in centro?

«Se non li aprono, li apriamo noi».

Magari gioca pure al Colosseo come vuole Pallotta.

«Sarebbe bello anche solo palleggiarci dentro, ma mi sa che sarà impossibile».

Parlandole, ci sembra che l’amarezza del dopo Juve sia un po’ passata: non giocate più per il secondo posto, ma per lo scudetto.

«Sì, siamo usciti allo scoperto: il nostro obiettivo è vincere. La squadra è ancora più forte dell’anno scorso e Garcia, cioè il capo, dice che siamo meglio della Juve. Poi però sta a noi dimostrarlo».

E il Napoli?

«E’ la terza forza: sarà un duello tra Roma e Juve ».

Pallotta ha usato molto fair play dopo la partita di Torino: lei è mai venuta voglia di fargli un breve riassunto di storia arbitrale secondo l’ottica giallorossa?

«Penso che il presidente se li sarà fatti fare, se no agli ultimi vent’anni ci posso pensare io».

Le è venuta voglia di rispondere alle frecciate di Nedved e lady Agnelli?

«Sì, ma sono un signore. E rispetto le donne».

Chi toglierebbe ai rivali?

«Tevez e Higuain».

Chi è il giocatore più forte della Serie A?

«Tevez».

Che cosa pensa del ritorno di Mancini in A?

«Mi ha sorpreso, non pensavo tornasse all’Inter, che pure all’inizio credevo potesse essere la terza forza del campionato. Sono stupito di Roberto perché lui preferisce lavorare già in estate con il gruppo, ma sono contento, perché è un bravo allenatore e una brava persona».

Ci ha fatto caso? Allenano Mancini, Guardiola, Montella, Inzaghi: al netto della voglia, a lei cosa manca per farlo?

«Sa che ne parlavo proprio pochi giorni fa con un amico? Ho detto: “Lo stanno facendo tutti, mi sa che alla fine toccherà anche a me”. Magari comincio con i ragazzi, anche se adesso forse non c’è neppure bisogno. In fondo, chi ha giocato al mio livello non ci mette molto a imparare».

Questa è una notizia: ma ha abbastanza pelo sullo stomaco per farcela?

«Mi verrà quando smetterò di giocare».

Allora il suo sogno diventerà allenare la Roma.

«Be’, mi piacerebbe, ovvio».

Ora però c’è Garcia: si è addolcito il mister da quando è innamorato di una romana?

«Macché, è sempre lo stesso”».

In attesa del suo insediamento, chi vorrebbe sulla panchina dopo Garcia?

«Ancelotti».

Ha visto però quanti infortuni accusate: solo sfortuna?

«Solo sfortuna, penso. In fondo è stata uguale a quella dell’anno scorso, forse un po’ più pesante».

Più facile passare il turno di Champions o vincere lo scudetto?

«Passare il turno di Champions».

La fa più paura o più sorridere pensare che Lotito adesso è l’uomo forte del calcio italiano?

«Più sorridere, ma non penso a lui. Penso a vincere il derby».

In questo momento storico, la sfida con la Lazio è la terza partita più importante dell’anno?

«Sì, ma potrebbe essere anche la prima, dipende dalle situazioni».

Sabato però dovrà fare il tifo per i cugini: giocano contro la Juve.

«E’ dura, non so se ce la faccio. Diciamo che come va va».

Guardiamo avanti: a Trigoria da anni si dice che lei considererebbe il suo erede ideale Jovetic: vero?

«Be’, è quello che ha le caratteristiche giuste per esserlo, anche se portare la maglia numero dieci a Roma è difficile ».

Visto che ha intenzione di giocare ancora qualche anno, magari potrebbe dire a Sabatini se lo porta un po’ prima, così potreste giocare un paio d’anni insieme.

«Non sarebbe male… Ma io l’ho sempre detto: più campioni arrivano, meglio è».

In questo momento lei è il quintosesto ingaggio della Roma: da questo punto di vista, le viene il dubbio che sarebbe stato meglio nascere un po’ più tardi?

«Da questo punto di vista sicuro, ma prima il calcio era migliore e sono contento così. C’era più rapporto umano anche con i compagni. Ormai quasi tutti pensano solo ai social e a quelle cose lì, mentre a me non interessano proprio. Una volta era diverso. Forse perché c’erano meno stranieri, però ci si divertiva di più. Anche il rapporto con voi giornalisti era più facile, più diretto».

Suo figlio Cristian gioca già a calcio: alla sua età è più forte lui oppure lei?

«Più forte io, ma è giusto che sia lasciato tranquillo. Ha un nome difficile da portare e lui deve pensare per ora solo a divertirsi».

Quando lei sarà allenatore, magari le toccherà metterlo in campo come è successo due giorni fa a Zidane.

«Lo farei solo se lo meritasse. Comunque un certo disagio di sicuro me lo creerebbe, ma Cristian non mi darebbe mai problemi, è un buono. Sa che mi ha fatto un paio di settimane fa? Ha portato in una cartella 64 mie fotografie perché le autografassi per tutti i suoi amici. Gli ho detto scherzando: “Una volta va bene, ma nun lo fa più…”».

Siamo arrivati, ma un’ultima cosa vorremo chiedergliela. Lo scrittore Alberto Arbasino diceva che nel mondo letterario italiano si passa attraverso tre fasi: prima si è «brillante promessa», poi «solito stronzo» e infine «venerato maestro». Se trasportassimo il tutto nel mondo del calcio, sente di essere già arrivato al terzo stadio?

«No, io sono ancora una brillante promessa». E vi assicuriamo che scherzava solo un po’.

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