GAZZETTA DELLO SPORT Stadio in panne con Marino in bilico. Ci vorrebbe Renzi

Stadio Roma
Stadio Roma

(A. Catapano) Sulla presenza di James Pallotta alla cena con Matteo Renzi di una settimana fa, organizzata per raccogliere fondi, il Pd ci ha ricamato parecchio, non senza sorrisi maliziosi: «Nemmeno ha pagato i mille euro del tavolo…», hanno commentato in tanti. Ora, a parte l’episodio specifico — Pallotta era ospite del costruttore Luca Parnasi —, la battuta racconta di una certa freddezza del Partito Democratico, almeno della sua ala renziana, nei confronti del presidente della Roma e del project manager cui ha affidato il progettostadio. Figlia di una scelta precisa fatta dai collaboratori dell’uomo d’affari statunitense, non si sa se per eccesso di ignoranza o superbia: coltivare le relazioni politiche necessarie ad un’impresa di queste dimensioni quasi esclusivamente con il sindaco Marino. Uomo di provata onestà e trasparenza ma, per sfortuna di Pallotta, sgradito al premier, mal sopportato dal Pd e ora inciampato nell’ennesimo casino, l’ormai celebre Pandagate, che rende la sua posizione debolissima e, in sostanza, la mette nelle mani di chi, finora, non ne ha condiviso una scelta.

Quante criticità Un bel pasticcio, non c’è che dire. Oltretutto, era evitabile. Sarebbe bastato allargare gli orizzonti, farsi consigliare da chi conosce l’Italia e le sue logiche, forse nemmeno così distanti dalle abitudini statunitensi. Lì, delle mediazioni politicofinanziarie hanno fatto una professione. Qui, non si capisce perché, Pannes & co. le hanno ignorate. E sì che il progetto Tor di Valle con le sue criticità avrebbe bisogno di un ampio sostegno: il terreno acquistato da una società fallita, l’enorme compensazione edilizia che ha fatto gridare alla speculazione, il lungo tira e molla sulle opere pubbliche da consegnare alla città, i rischi idrogeologici, la querelle sulla proprietà dell’impianto e sul canone d’affitto che il club dovrà versare ai proprietari. Criticità che con un’amministrazione in queste condizioni e senza aver ancora portato a caso il parere favorevole dell’assemblea, potrebbero tornare d’attualità. Tanto che più di qualcuno comincia a invocare il commissario straordinario del governo, che la legge chiama in causa se Comune o Regione non dovessero rispettare i tempi. Ma è lo stesso governo ignorato fin qui.

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