IL TEMPO Nero per caso

Balotelli e Marchisio
Balotelli e Marchisio

(L. Salomone) Mario Balotelli ha stufato. Tutti. I compagni di squadra che lo hanno abbandonato l’altra sera dopo il ko contro l’Uruguay e l’ennesima prova anonima costellata dai soliti gesti di nervosismo, i tifosi che non sopportano più la sua indolenza in campo, senza dimenticare gli allenatori che si sono dovuti arrendere ai suoi capricci. Magari piace alla bella Fanny che presto sposerà perché in Italia ormai si è guadagnato la patente di antipatico.

Le parole affidate a Instagram confermano la sua modesta lucidità nello spiegare il flop mondiale. Parole dure e molto provocatorie mentre sceglieva una cresta bionda per il suo nuovo look: «Sono Mario Balotelli, ho 23 anni e non ho scelto di essere italiano. L’ho voluto fortemente perché sono nato in Italia e ho sempre vissuto in Italia. Ci tenevo fortemente a questo Mondiale e sono triste, arrabbiato, deluso con me stesso. Sì, magari potevo fare gol con la Costa Rica, avete ragione, ma poi? Mario Balotelli ha dato tutto per la Nazionale e non ha sbagliato niente, quindi cercate un’altra scusa perché Mario Balotelli ha la coscienza a posto ed è pronto ad andare avanti più forte di prima e con la testa alta. Fiero di aver dato tutto per il suo paese. O forse, come dite voi, non sono italiano. Gli africani non scaricherebbero mai un loro fratello. Mai. In questo noi negri, come ci chiamate voi, siamo anni luce avanti. Vergogna non è per chi può sbagliare un gol o correre di meno o di più. Italiani veri! Vero?».

Parla in terza persona Supermario ma quel passaggio sui «negri» se lo poteva risparmiare, forse è lui il primo a essere razzista col mondo che non è stato fortunato quanto lui. Persino il presidente del Coni Malagò ci è rimasto male: «La risposta di Mario è andata sopra le righe». La classe pallonara di Balotelli è innegabile ma la sua vita (compirà 24 anni il 12 agosto) è dissemitata da stranezze e scemenze non degne di un talento che non riesce mai a diventare campione. Del resto non ci si può aspettare più di tanto da uno che aspetta un anno e mezzo prima di abbracciare la figlia Pia nata dalla sua relazione con Raffaella Fico. Per carità, è sempre complicato entrare nelle dinamiche di una coppia però il sorriso della bimba avrebbe dovuto azzerare qualsiasi sospetto proprio da uno che aveva avuto un’infanzia difficile. Tant’è, Mario si è sempre chiesto «Whay always me?», (perché sempre io), semplice se stai antipatico al mondo, ci sarà una ragione. Se le curve di mezza Italia prendono squalifiche solo con lui (i cori razzisti sono vergognosi va sempre precisato), forse dipenderà un po’ anche dal suo modo discutibile di irridere e provocare gli avversari.

Si potrebbe scrivere un poema sulle scemenze del ragazzone di colore che fa intenerire i cuori delle mamme quando parla in dialetto bresciano. Zittisce i tifosi della Roma dopo una partita con l’Inter e durante il ritiro dell’Under 21, siamo nell’estate 2009, gli lanciano due banane. Gravissimo, stavolta non regisce per fortuna ma qualche mese dopo insulta gratuitamente Totti all’Olimpico tanto da scatenare le reazione del capitano giallorosso: «È un provocatore sistematico». Già, cosa nota anche se a volte sono pure gli avversari che lo insultano in campo ma quella volta fu vergognoso urlare al collega in difficoltà «Ormai sei vecchio» fino a scatenare la reazione di Totti. Il calcio a Parker in una sfida tra City e Tottenham, costatagli poi quattro giornate di squalifica, è un altro episodio tipico di Balotelli che rimedia cartellini rossi con la regolarità degli aumenti delle tasse in Italia. Fuori dal campo? Pure peggio se vogliamo. Indimenticabile, si fa per dire, l’incendio appiccato nel suo soggiorno a Manchester. I vigili del fuoco intervennero nella sua abitazione a Mottram St Andrew ed evitarono guai peggiori. Supermario si era messo con alcuni amici a lanciare fuochi d’artificio dalla finestra del bagno ma a un certo punto gli asciugamani avevano improvvisamente preso fuoco e l’incendio si era rapidamente esteso al resto della casa. Tragedia sfiorata, Roberto Mancini sbigottito e poi costretto a mollare il suo pupillo per disperazione. Qualche settimana prima si era messo a lanciare freccette ai ragazzi delle giovanili da una finestra del centro sportivo di Carrington. Alla richiesta di spiegazioni da parte del City, aveva risposto di averlo fatto «perché si stava annoiando». Non ci furono persone ferite solo per caso.

Risse vere e presunte in discoteca, maglie lanciate in campo con Mourinho impietrito in panchina a confermare la sua lucida follia già a diciannove anni (era un Inter-Barcellona, il sogno di qualsiasi giovane calciatore). Mario è tutto e il contrario di tutto, le lacrime di Kiev dopo un ottimo Europeo, quelle dell’altra sera dopo essersi messo contro il ct e i senatori del gruppo azzurro. Ora, però, è il momento di dire basta. Ben venga il ritorno in Premier all’Arsenal (Galliani e Wenger smentiscono) e anche la nazionale rifletta se continuare a puntare su di lui. Ora il partito dell’ipocrisia crescerà ma il razzismo è un’altra cosa. Qui c’è solo un «bad boy» che non cresce mai.

 

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