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GAZZETTA DELLO SPORT Tegola De Rossi: va KO. “Guaio a un polpaccio”

D. De Rossi
D. De Rossi

(M. Cecchini/A. Elefante) Non bastasse tutto il resto, vedi pure Daniele De Rossi affrontare il serpentone di transenne che va dallo spogliatoio al pullman zoppicando un po’. La faccia già non è granché, poi arrivano le parole e con loro il timore di sentirsi leggere entro 24-48 ore una sentenza: «Polpaccio», dice il centrocampista. Una botta? «No». Peggio mi sento: se non è una contusione, è come minimo un risentimento muscolare. E il polpaccio non è il muscolo migliore per avere un fastidio a tre giorni dalla partita che deciderà il nostro Mondiale. Anche perché di fronte avremo l’Uruguay, non proprio una squadra di fighetti: contro di loro la faccia cattiva di De Rossi ci servirebbe, ci servirà, eccome.

Le alternative Poi passa anche il professor Castellacci, che conferma tutto: «De Rossi ha un problema al polpaccio sinistro. Domani (oggi, ndr) verificheremo e potremo essere più chiari». Bollettino previsto per oggi– forse dopo accertamenti da fare a Natal – ma già ieri ce n’era abbastanza per far scattare l’allarme. E dunque pensare per martedì ad un’Italia senza De Rossi. Se Prandelli confermerà il 4-1- 4-1 con cui ha iniziato anche la gara di ieri, il posto davanti alla difesa sarà ovviamente del giallorosso, se disponibile: in caso contrario, la soluzione alternativa provata nei giorni scorsi prevede in quella posizione Thiago Motta e dunque accanto a Pirlo potrebbe tornare Verratti, come contro l’Inghilterra. A meno che Prandelli non decida di cambiare interpreti (Insigne largo sulla sinistra?) oppure addirittura sistema di gioco: il c.t. ha detto di «vedere» Balotelli e Immobile insieme solo in un ipotetico 4-4-2, ma scegliendo tre centrocampisti centrali non è da escludere il lancio di Parolo.

Non è facile in 20’… La certezza è che ieri Prandelli non ha nascosto l’influenza della fatica, confermata da Marchisio: «Giocavamo contro una squadra diversa dall’Inghilterra, io e Candreva dovevamo dare una grossa mano anche dietro, ma con questo caldo non era facile fare le due fasi, coprire e ripartire». Ma anche la delusione per il contributo, soprattutto di qualità, dato da chi è entrato nella ripresa. Cerci ha ammesso che «Prandelli ha le sue ragioni», ma non ha rinunciato a difendersi: «Tutti hanno visto come ho giocato durante l’anno con il Torino, non sta a me decidere se devo giocare o no. Di sicuro andare in campo solo 15-20’ non è facile, a volte fai bene e altre no. Stavo bene, ce l’ho messa tutta, ma risolvere la partita con i quattro palloni che tocchi non è possibile. Non si può giudicare un giocatore da 20’…».

Il calcolo giusto L’altro subentrato, dopo Cassano, è stato Insigne:«Siamo entrati sull’ 1-0 e abbiamo cercato di dare una mano, ma non ci siamo riusciti. Ora pensiamo all’Uruguay e non parlate di spogliatoio depresso: siamo un po’ giù, ma abbastanza carichi per martedì». Quando basterà un pareggio per qualificarsi e però sarà fondamentale, dice Cerci, «non fare calcoli: questa Italia sa fare solo una cosa, andare in campo per vincere». Tanto il calcolo più importante, ad un certo punto, è stato fatto già ieri. Ancora Insigne: «Oggi loro erano più tranquilli di noi: per fortuna siamo rimasti uniti e non abbiamo preso il secondo gol, altrimenti adesso tutto sarebbe stato più complicato ». Molto più complicato.

 

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