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REPUBBLICA.IT Meno di 30 falli a partita il successo dell’era Braschi

Stefano Braschi
Stefano Braschi

(F. Bianchi) – Molti arbitri piangevano, l’altro giorno, quando Stefano Braschi li ha salutati: il designatore della serie A ha chiuso il suo quadriennio, il regolamento Aia gli nega una proroga.

E la commozione della sua “squadra” è la più bella testimonianza che in questi anni è riuscito a creare un gruppo di persone perbene, affiatato, bene allenato (poi ci sono stati gli errori, certo). E anche la conclusione della stagione senza polemiche e recriminazioni è un fatto positivo, e quasi inedito. Non si sono lamentate nemmeno le retrocesse. Gongola, giustamente, Braschi: “Segno che ci riconoscono credibilità e correttezza”. Chi parla di fallimento lo fa in malafede, o perché tifoso o per vendere (magari) una copia in più. In realtà, il lavoro di Braschi, che ha ereditato la carica da Pierluigi Collina, è stato complessivamente positivo. Non facile, ma positivo. Nessuna Nazione europea d’altronde ha un gruppo di arbitri di alto livello come l’Italia (qualche nome? Rizzoli, Orsato, Rocchi, Tagliavento…) e lo stesso Webb, così idolatrato, se venisse di noi si troverebbe in difficoltà. Non parliamo di altri arbitri stranieri. Braschi ha portato il nostro campionato su livelli europei: già Collina aveva iniziato un percorso virtuoso, e ai suoi tempi la media falli a partita era di 35. Nella stagione appena conclusa si è scesi, per la prima volta, a 29,56 (lo scorso anno era 30,76). Con la convinzione, di Braschi, che in paio di stagioni si possa arrivare addirittura a 27,5-28 a gara. Insomma, una media europea. Un calcio migliore, meno spezzettato. E’ vero che scontiamo ancora difetti tipicamente italiani: le simulazioni, le proteste. I rigori: le media più alta in Europa. Ma ci sono, oltre alla media-falli, altri aspetti positivi: sono diminuite le espulsioni dei tecnici dalla panchina, il tempo effettivo è sempre più o meno uguale, gli arbitri hanno stroncato il gioco duro. Come voleva Braschi ad inizio stagione. “Guerra totale a trattenute e proteste”, il suo motto. Gli arbitri addizionali (o arbitri d’area) hanno aiutato. Certo, il nostro calcio resta sempre rissoso, avvelenato, con troppi capannelli intorno ad arbitri e assistenti: ma è stato fatto un (piccolo) passo avanti, e questo è positivo in un’annata modesta come gioco, con un grande divario fra prime e ultime (ma non ditelo a Beretta…).

Braschi è dispiaciuto di dover lasciare: Marcello Nicchi l’ha ringraziato, lo stesso hanno fatto molti presidenti. Che farà adesso l’ex arbitro di Barberino del Mugello? Difficile possa avere un incarico all’Aia, è comunque un personaggio ingombrante. Supervisore delle tre commissioni arbitrali? No. Istruttore ai comitati regionali? No. Commissario Uefa? No. Potrebbe avere un incarico europeo? Designatore Uefa è Pierluigi Collina, stimatissimo da Platini: solo se Michel, il prossimo anno, fosse promosso alla Fifa, al posto di Blatter, ecco che Collina potrebbe seguirlo e per Braschi potrebbe aprirsi uno spiraglio europeo. Ma sono discorsi al momento più che prematuri. Possibile, a questo punto, che Braschi vada ad occuparsi degli arbitri di un’importante Federazione straniera come hanno fatto Rosetti (Russia) e lo stesso Collina (Ucraina). Si vedrà. Ma chi sarà il nuovo designatore della serie A? Decisione ai primi di luglio: in corsa Rosetti, Messina e Farina. Decide Nicchi.

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