A volte ci vuole un marziano. Non un marziano come quello di Flaiano però, che dopo qualche giorno a Roma nessuno fa più caso alla sua presenza e, anzi, è lui a doversi adattare a difetti e luoghi comuni che trova arrivando nella Capitale.
Ci vuole un marziano come…Garcia. Uno, cioè, che si sforza di comprendere ogni aspetto del posto in cui è capitato ma senza per questo arrivare mai a snaturare se stesso.
L’uomo elegante, pragmatico, passionale senza per questo mai arrivare a essere sopra le righe, è lo spot migliore per la città, per mille altri aspetti disastrata e vilipesa da chi la amministra o la deturpa vivendola nella maniera sbagliata.
Lui, che viene dalla Francia portandosi dentro sangue iberico e mescolanze latine: chi ha così tante sfumature mediterranee, sta bene in ogni posto del mondo ed è per questo che Garcia si sente, oggi, a Roma come a casa sua. Non è il suo modo di strizzare l’occhio alla piazza, quando lo dice: è l’averla capita, in ogni suo aspetto, avere acquisito una conoscenza di essa che spende benissimo anche quando si confronta coi mass media.
Può un uomo che viene da lontano essere l’ambasciatore ideale di un posto dove è capitato quasi per caso? Si, se ha sensibilità e senso pratico tali da adattarvisi e da farsi adottare – a Roma diremmo anche se è sufficientemente paraculo, ci sta – e soprattutto quel giusto distacco che mantiene in ogni caso lucidità di giudizio. Roma, del resto, l’ha spesso valorizzata e raccontata meglio di altri chi se ne è innamorato venendo da lontano.
Ecco perchè ci piacerebbe che si trattenessero da queste parti tutti e due i Garcia: prima l’uomo e poi l’allenatore. Ne guadagneremmo sia lui che noi.