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IL TEMPO Le due facce della protesta

Nicola Rizzoli

(A.Austini) La Juve va sempre all’incasso e giustamente tace. La Roma fa finta di niente, perché convinta che se pure parlasse non cambierebbe nulla. I vertici arbitrali, a bassa voce, difendono la loro classe di «fischietti» mediocri e inattaccabili.

Il giorno dopo il derby torinese rovinato da Rizzoli, il rumore più forte lo fanno i tifosi romanisti. Radio, web, social: negli spazi dedicati non si parla d’altro che del rigore negato al Torino e della mancata espulsione di Vidal. Gli arbitri continuano a sbagliare, quasi sempre nella stessa direzione: a favore della Juve e, di conseguenza, contro la Roma.

Se tra la gente serpeggia un comprensibile sconforto e una tale rabbia che potrebbe portare i tifosi a radunarsi sabato davanti alla sede della Figc in via Allegri, la società prosegue per la sua strada. Quella del silenzio. La sintesi del pensiero dei dirigenti è racchiusa nelle parole pronunciate da Baldissoni a novembre: «Se pensassimo che il campionato non è regolare perché gli arbitri decidono come finiscono le partite – la linea del diggì – non dovremmo scendere in campo». La Roma è convinta che alzare la voce sarebbe addirittura controproducente: mai concedere alibi ai giocatori. Non per questo a Trigoria sono felici della netta disparità nelle decisioni degli arbitri quando gioca la Juve o la Roma. Non solo: dà fastidio il silenzio «imbarazzato» dei media nazionali quando si devono analizzare gli errori a favore dei bianconeri e le reazioni spesso rassegnate di alcuni avversari. Vedi Ventura: un leone durante e dopo la gara con i giallorossi, stranamente calmo domenica sera.

Quelli che dovrebbero provare a cambiare le cose sono i capi degli arbitri. Ma i commenti «off the records» sulla prestazione di Rizzoli a Torino regalano un’inspiegabile giustificazione: «In campo il rigore su El Kaddouri non si poteva vedere – il pensiero del designatore quasi pensionato Braschi e dei suoi collaboratori – lo stesso Ventura se n’è accorto dalla tv. Si è visto che era rigore solo da un’immagine di una telecamera. Ma vogliamo davvero il calcio della tv?». L’ennesima chiusura all’utilizzo della tecnologia, ma questa è un’altra storia che si gioca a livelli più alti.

Il campionato italiano deve tenersi i suoi «fischietti» mediocri e nessuno paga più con le «retrocessioni» in serie B: la divisione delle «Can» ha tolto quel poco di meritocrazia che c’era una volta. Così Rizzoli potrà tranquillamente dirigere altri big match prima di rappresentare l’Italia al Mondiale brasiliano e nessun giovane promettente, a patto che ce ne siano, calcherà i campi della massima serie fino al prossimo anno.

Chissà cosa ne pensa Pallotta. Il presidente ha avuto modo di chiedere spiegazioni a Baldissoni e Zanzi, volati ieri a New York per un meeting sui diversi punti in agenda. A cominciare dallo stadio – «aspettiamo il progetto» ha ribadito Marino – passando per i conti in vista della prossima trimestrale e con uno sguardo attento alla comunicazione. Presto l’accordo con un’azienda che gestirà i media e l’apertura di una radio ufficiale sulle frequenze Fm del Lazio. Se fosse in onda oggi, si potrebbe parlare di arbitri?

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