LA REPUBBLICA Attacco all’inchiesta

Giancarlo Abete

(F.S. Intorcia) Il calcio italiano reagisce, a modo suo: col catenaccio. Chiede cautela nei giudizi, solleva dubbi sull’inchiesta legata al calcioscommesse. Cavalca, più o meno consapevolmente, l’umore popolare, scaldato assai poco da un’indagine penale che va ormai avanti da tre stagioni, si concluderà solo nel 2014 e nel frattempo ha già esaurito sei diversi processi sportivi, con una pioggia di condanne e squalifiche, mitigate solo dallo scontificio del Tnas. Predica pazienza adesso il numero uno del calcio italiano, Giancarlo Abete, a margine della cerimonia di consegna del tricolore agli azzurri di Sochi 2014, al Quirinale. «Abbiamo grande fiducia nei magistrati e grande attesa negli sviluppi dell’indagine — dice Abete —ma si vede abbastanza poco in termini di situazioni acclarate. E risulta un danno al mondo del calcio. Ci sono 4 arrestati che nessuno conosce e che non mi risultano essere tesserati, e 10 indagati su cui è meglio non esprimere giudizi perché si rischierebbe di trasferire negatività su di loro. Aspettiamo di verificare se c’è qualcosa che ci sfugge, attraverso i controlli dei computer, le verifiche tecnologiche e i test peritali».

Un affondo duro, quello del presidente federale. Che contesta anche l’uso spettacolare dei mezzi d’indagine, «fanno parte del costume italico le perquisizioni alle sei di mattina, creano più traumi che opportunità. Noi ricordiamo quella a Criscito, prima dell’Europeo». Il difensore dello Zenit fu escluso dai convocati, al contrario di Bonucci, altro azzurro coinvolto: laFigc ha sempre motivato il trattamento diverso con il clamore della perquisizione subita dal primo e non dal secondo nella camera d’albergo di Coverciano. Poi, sul piano sportivo, Bonucci è stato prosciolto e Criscitoneanche deferito.

Derogando alla sua proverbiale diplomazia, Abete passeggia sul cadavere del Tnas («Un organo di difficile comprensione, di regola l’arbitrato è alternativo ai gradi di giudizio») e spende parole di stima per Rino Gattuso: «Sono fiducioso che ne uscirà senza ombre, conoscendone lo stile e il comportamento non mi sembra possibile un suo coinvolgimento». Proprio l’iscrizione di “Ringhio” nel registro degli indagati ha mosso reazioni di solidarietà nel pallone italiano, da Zamparini («Gli darei il mio portafogli») a Oddo («Garantisco sulla sua integrità, lui non perderebbe neanche una partitella sotto casa»), passando per Cristiano LucarelliMarco Simone,Valerio Bertotto (oggi ct dell’Italia di Lega Pro), fino, in serata, al presidente del Coni Giovanni Malagò («Credo ciecamente a cosa ha detto, voglio capire cosa c’è dietro questa indagine »). Schierati tutti col giocatore più che con i magistrati, nonostante un’indagine in corso.

E pure Franco Carraro, ex presidente federale e membro del Cio, detta questa linea: «Leggo sui giornali cose che mi ricordano la storia ‘al lupo, al lupo’. Ogni volta sembra ci siano sfracelli, restiamo tutti preoccupati e ansiosi, poi gli sviluppi non sono così grandi come gli annunci e su questo, da cittadino, un po’ di disagio lo provo. È preoccupante il fenomeno delle scommesse e va combattuto, ma c’è una sproporzione fra l’effetto annunciato e la situazione reale».

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