IL ROMANISTA Garcia: “Roma fammi vedere se sei grande”

Rudi Garcia

(G.Contestabile) – Seconda e ultima parte dell’intervista concessa domenica in Francia da Rudi Garcia alla radio Europe 1. In diretta dal ritiro della nazionale belga interviene il centrocampista del Chelsea, Eden Hazard. La conduttrice èBérangère Bonte.

Bérangère Bonte: In Italia c’è grande attesa nel vedere come lei, Rudi, gestirà – mi auguro il più tardi possibile – la piccola ma probabile battuta d’arresto della Roma, come per esempio sono questi due pareggi che non annunciano certo un periodo difficoltoso ma che sono segnali… Allora le chiedo, Eden, come farà Rudi a gestire i momenti difficili? Sottolineo che normalmente erano sempre gli inizi di stagione ad essere complicati, mentre qui a Roma è l’inverso.

Eden Hazard: Ma fa parte della gestione di un club. Non si può pensare di vincere tutte le 38 partite di campionato, per cui in certi momenti ci saranno sconfitte o pareggi. Ma io non ricordo molti momenti dove abbiamo perso molto con Rudi e quando c’erano delle sconfitte, ci riunivamo e il tecnico diceva: «Non si cambia (la filosofia di gioco, ndr), si va avanti». Tra di noi nello spogliatoio ci dicevamo cosa avesse funzionato meno bene e si ripartiva.

BB:Rudi, questo momento di calo le fa paura?

RG: Sono convinto che una vera squadra si veda nella difficoltà.

BB: E sapere che la Juventus è lì e non vi lascerà scappare?

RG: Sì, ma quello lo sapevamo dal giorno 1. E io lo so bene. Per questo quando sento parlare i nostri tifosi o la stampa di scudetto all’inizio stagione, resto molto cauto, soprattutto vedendo il percorso della Juve, che malgrado le nostre 10 vittorie e due pareggi è dietro a un solo punto. Ma la qualità di un gruppo, che fu anche la nostra forza al Lille, al Dijon o al Le Mans, è di saper riprendersi immediatamente e velocemente dopo il momento no. Quando va tutto bene, è molto facile cavalcare l’onda positiva, ma le vere grandi squadre sono quelle che sanno fare lo “switch” e invertire la tendenza nei momenti negativi. Ho avuto un gruppo di giocatori ricettivi, ho avuto giocatori di talento come Eden (Hazard, ndr) che è un grande d’Europa, ma glielo dico qui in diretta: può ancora fare meglio. Però Eden ha questa intelligenza che non bisogna ripetere due volte le stesse cose, ha capito subito che il talento senza lavoro non porta da nessuna parte. E’ un formidabile giocatore che spero di ritrovare in Champions l’anno prossimo con la Roma (Rudi ride, ndr). Ma per tornare alla sua domanda, non aspetto il momento negativo con impazienza, sono anche sicurissimo che il mio gruppo saprà reagire molto bene

BB: L’assenza di Totti fino a dicembre. Prima o poi si porrà la domanda di lasciare Totti in panchina? E possibile fare questo a Roma? Può essere Rudi il primo a lasciare Totti in panchina?

RG: La risposta è semplice. Quando lei vede un gran giocatore in TV, come vedevo Francesco, lei non può conoscerlo al 100%. Bisogna allenare un grande giocatore, bisogna avere allenato Eden Hazard per conoscere Eden, bisogna avere allenato da 4 mesi Francesco Totti per sapere chi è Francesco. E’ un giocatore di statura mondiale, è un giocatore che fa sul terreno di gioco cose che pochi sanno e possono fare, ha visto tutto prima di tutti, ha la capacità tecnica di realizzare nel decimo di secondo seguente le cose che ha intravisto. Totti ha fatto un inizio di stagione che ha portato il CT italiano, Prandelli, a dire prima dell’infortunio che, se dovesse fare la lista dei convocati, Francesco ne farebbe parte. Ecco, la risposta è semplice: sebbene abbia 37 anni, Francesco Totti è uno dei più grandi giocatori europei e ancora uno dei migliori giocatori italiani di oggi.

BB (riferendosi a Totti): 685 partite, 285 gol.

RG: Hai ancora parecchio da fare, Eden…

EH: Sì, sì (ride, ndr), comunque ho visto Totti durante l’amichevole di precampionato.

RG: Sì, con il Chelsea.

EH: Ho visto la classe (di Totti, ndr).

RG: Allenare tra i dilettanti è estremamente formativo, è una formidabile scuola di vita perché ti devi occupare di tutto, dalla squadra ai terreni fino all’equipaggiamento. A Corbeille-Essones lo è stato ancor di più perché avevi intorno delle “banlieues” difficili ed è per questo che credo fortemente nei valori dello sport. Perché i giovani che crescono in un ambiente complicato possono trovare la loro strada e fare la loro vita attraverso i veri valori dello sport, del rispetto delle regole, del rispetto di sé e delle persone.

BB: E adesso lei non osserva più i club amatoriali. Oppure trova il tempo per farlo?

RG: No, ma quello che importa è avere gente molto capace intorno a sé. Non si può fare questo mestiere senza queste persone. All’inizio ho fatto tutto da solo, ma anche nei dilettanti ho voluto avere con me gente capace come il mio supervisore Christophe Prudon, che va a vedere le partite delle squadre italiane che incontreremo o il mio staff tecnico in Italia composto da italiani e francesi. Ne ho portati due, Fred Bompard il mio fedele assistente e Claude Fichaux. E’ importante perché da solo, oggi, non puoi gestire 25 giocatori e andare pure a vedere altro. Il reclutamento dei giovani, per esempio, va lasciato a talentuosi educatori che sono in grado di individuare (i potenziali buoni giocatori, ndr). Nella regione parigina abbiamo sempre gettato un occhio attento.

BB: Ha qualche nome in testa, che ovviamente adesso mi dirà, qualcuno che sente che potrà fare faville?

RG: Ah no, purtroppo oggi si ingaggiano giocatori sempre più giovani. Siamo obbligati, dico obbligati dal sistema, a dare tutto troppo velocemente, che sia ai genitori o a loro stessi, per convincerli a venire nel vostro club, sennò andranno in un altro club. E questa è una vera difficoltà. Non sono qui per dare lezioni, ma abbiamo ancora dei progressi da fare in molte cose, incluso aprire un vasto dibattito per ripensare tutto quello che sono la remunerazione e la ricerca dei talenti. Io sono stato cresciuto con la cultura che bisogna meritare quello che si ottiene e debbo dire che nel calcio attuale non è sempre così. E succedono grossi danni.

BB: E per quello che riguarda la sua Roma?

RG: E’ complicato (visionare talenti, ndr) perché quando ci si occupa di una squadra di professionisti sei, in quanto allenatore, coinvolto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. E’ come “il servizio post-vendita”. Ovviamente monitoro le squadre giovanili della Roma, ma è complicato fare di più nel reperimento dei talenti in Italia. Anche se, quando sono arrivato, ho visto che la Roma è un club organizzato, composto da ottimi professionisti come il direttore sportivo Sabatini e il suo vice Massara. Sono persone molto competenti nel reperire questi giovani talenti in Italia. E la cosa più importante è che esiste un vero progetto alla Roma per la formazione dei giovani, che si basa soprattutto sugli aspetti psicologici, mentali, del giocatore e sul fatto di dare una vera identità di gioco (comune a tutte le squadre, ndr). E dobbiamo lavorarci con Mauro Baldissoni, è un progetto che mi entusiasma, mi appassiona. Pendo l’esempio del Barça, dove esiste una vera cultura di club, dove tutti giocano in modo simile. Il bello è che sono loro (i dirigenti della Roma, ndr) ad avere questa idea, questa filosofia. E questa è una bellissima cosa.

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