GAZZETTA DELLO SPORT Il passaporto biologico per i club e per le nazionali

Pep Guardiola

(M. Galdi) La Fifa, la federazione internazionale di calcio, ha definitivamente scelto la strada del passaporto biologico per controllare il rischio che il doping prenda piede nel calcio. Già alla Confederations Cup in Brasile a giugno aveva cominciato a effettuare i test sangueurine sulle nazionali presenti. Ora la strada si allarga ai club. Venerdì 8 novembre è stata la «prima volta» del Bayern Monaco.

Due ore per i controlli Jiri Dvorak, il capo dello staff medico della Fifa, in occasione della Conferenza mondiale della Wada ha raccontato come i test sui calciatori della squadra tedesca siano durati due ore e «che c’è stata la massima collaborazione da parte di tutti i tesserati». Quella del Bayern, comunque, è stata la prima volta di controlli «out of competition», quelli che un tempo erano definiti «a sorpresa », mentre in passato i test nei ritiri dei campionati erano normali, ma non erano di sicuro a sorpresa.

Passaporto biologico La Fifa si allinea alle altre 34 federazioni internazionali che hanno deciso di applicare il passaporto biologico per il controllo dei loro atleti. La prima federazione a introdurre il passaporto biologico era stata l’Uci, la federazione internazionale di ciclismo, che non senza qualche contestazione e molti problemi era arrivata anche a sanzionare corridori per «alterazioni » nel passaporto biologico. Nonostante siano ufficialmente 35 le federazioni che lo hanno introdotto, lo usano davvero soltanto il ciclismo, l’atletica, lo sci di fondo e il pattinaggio di velocità su ghiaccio. Il passaporto, per ora limitato ai parametri ematici (emoglobina, reticolociti), è un monitoraggio dell’atleta che fa scattare attraverso un software apposito il campanello d’allarme in caso di scostamento dai livelli basali. A quel punto un «panel» di esperti (il ciclismo ha il suo, l’atletica pure) analizza il caso e suggerisce: archiviamo o deferiamo. Per essere «operativo» necessita della raccolta di dati di almeno un anno.

In Italia La Federcalcio, raccogliendo una proposta del presidente della Commissione antidoping Pino Capua, ha introdotto per il momento in via sperimentale il passaporto biologico da marzo. Si tratta di test che vengono effettuati solo sui calciatori delle nazionali, masolo ora, dopo che la norma è diventata ufficiale per la Fifa e in collaborazione e sotto il coordinamento del Coni (unico organo antidoping riconosciuto a livello internazionale dalla Wada come Nado), sarà possibile renderlo realmente operativo. I controlli, infatti, hanno valore soltanto se effettuati presso i laboratori accreditati dalla Wada che nel mondo sono 33 (anche se Rio ha perso l’accredito e Mosca è sospeso) e a Roma c’è il laboratorio Fmsi dell’Acqua Acetosa. Per curiosità va detto che i test del Bayern sono stati inviati al laboratorio svizzero di Losanna.

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