IL TEMPO Ljajic: “Temo solo la Juve”

Ljajic

(A.Austini) Se nasci a Belgrado devi crescere in fretta. Certo, non è la guerra, ma dopo che hai giocato un derby Partizan-Stella Rossa tutto il resto ti sembra una passeggiata.

«Ho vinto tre volte e pareggiato una, senza farmi vedere in giro la settimana prima della partita perché è meglio così». Adem Ljajic lo racconta con orgoglio a Il Tempo nella sua prima intervista da romanista. Un ragazzo spavaldo, più grande dei suoi 22 anni, con un passato turbolento e un futuro glorioso da scrivere. In una Roma da sogno.

Sorpreso dal primo posto?

«Sono un tipo sempre ottimista ma devo dire la verità: non me l’aspettavo. La Roma finora è fantastica, ma dobbiamo continuare a pensare di partita in partita come ci chiede Garcia, solo così possiamo vincere qualcosa».

Ci credete allo scudetto?

«Io l’ho detto per primo quando sono arrivato: l’unica squadra più forte di noi è la Juventus. Altre 4-5, compresi noi, possono lottare per il secondo posto».

Ad oggi firmerebbe per la piazza d’onore?

«Il nostro obiettivo minimo è andare in Europa, poi alla fine faremo i conti».

Roma-Napoli darà altre risposte.

«Loro sono candidati allo scudetto e hanno campioni di livello internazionale, però se noi giochiamo come nelle prime sette partite li battiamo sicuro. Non siamo inferiori».

Nelle ultime partite è un po’ sparito. C’è rimasto male?

«Ho avuto problemi alla schiena e al flessore, solo per questo sono rimasto fuori. Per il Napoli sono pronto».

Si sente un titolare?

«Sicuramente. Sono arrivato qui per giocare, però l’unico a decidere è Garcia. Ho segnato già tre gol pur avendo fatto solo quattro partite. Non mi era mai successo di iniziare così bene».

Ma come farà a rubare il posto a Gervinho e Florenzi?

«Se continuano così io posso andare a casa, non c’è problema. Scherzi a parte, è bello contendere il posto a loro, sono fortissimi».

Se la sentirebbe di sostituire Totti al centro dell’attacco?

«Non ci voglio neanche pensare, questa Roma non sarebbe la stessa senza di lui. Gli auguro di continuare per altri cinque anni. A Firenze ho fatto tante partite da centravanti anche se non è il mio ruolo. Preferisco partire da sinistra».

Si sente all’altezza di Lamela?

«È normale, altrimenti che sto a fare qui? Ma lasciamo stare i paragoni, siamo diversi. Non avete visto ancora nulla di quello che posso fare».

Da chi ha imparato a calciare le punizioni?

«Mi sono esercitato tanto da bambino, in Serbia. Era una mia fissa, ho sempre cercato di rubare i segreti osservando i più bravi. Finora alla Roma non ne ho ancora tirata una bene, ma presto ci riuscirò. Anche se ci sono Pjanic e Totti: quando prende la palla Francesco ci allontaniamo tutti. Facciamo una per una? Non so se me lo concedono!»

Il suo idolo è sempre Kakà?

«Sì da sempre. Lui e Sasha Ilic, un serbo che ha giocato 600 partite col Partizan, la mia squadra del cuore».

Il Manchester United l’aveva presa, poi cos’è successo?

«A 17 anni avevo firmato per loro, ma non mi è arrivato il permesso di lavoro e non se n’è fatto più nulla. A quel punto mi ha chiamato Corvino».

Perché ha faticato così tanto all’inizio alla Fiorentina?

«Venivo da un calcio molto più semplice del vostro. Dopo due anni e mezzo così così è arrivato Montella».

Cosa è cambiato?

«La Fiorentina non mi voleva più ma lui mi ha chiesto di restare. È stato il primo allenatore a capirmi, anche quando giocavo male ci metteva sempre una buona parola».

E Garcia?

«Quando lo sento parlare mi sembra Montella, hanno lo stesso modo di vedere il calcio. Garcia è un grande allenatore, si vede subito: ci fa sentire tutti importanti».

Dimenticato Delio Rossi?

«Sì, a Samp-Roma non ci siamo neppure visti. Penso che qualsiasi giocatore al posto mio avrebbe reagito così a una sostituzione dopo mezzora. Non voglio parlarne più, una cosa brutta ma è passata».

Impatto con Roma?

«Mi piace anche se la devo ancora conoscere. Con me vivono mio fratello e un amico, fra un po’ verrà il resto della famiglia. La fidanzata? A casa sua… ».

Un compagno che l’ha stupita?

«Troppo facile rispondere Totti. Tanti altri mi hanno impressionato, se proprio ne devo scegliere uno dico il mio amico Jedvaj. Quando vedo le cose che fa, mi sembro io qualche anno fa. Lo devo aiutare perché non voglio che sbagli».

Con lui e Pjanic avete formato il trio dei Balcani.

«Normale, parliamo la stessa lingua. Politica? Non mi interessa. Voglio essere amico loro e mi trovo bene con tutti: siamo un bel gruppo».

Doveva andare al Milan, ora è qui. Come mai?

«Mai parlato con nessuno del Milan, lo leggevo dai giornali. Non abbiamo trovato un accordo con la Fiorentina e il mio procuratore mi ha detto che tra le squadre interessate c’era la Roma. “Andiamo lì” è stata la mia risposta. Sono felicissimo della scelta, basta leggere la classifica…».

Però ha voluto una clausola rescissoria nel contratto.

«Una cosa discussa dal mio agente con la società. Dipendesse da me, resterei qui anche dieci anni».

Parliamo dei suoi vizi. Più facile rinunciare alla Nutella o alla Playstation?

«Non c’è una terza scelta? Senza quelle due cose farei fatica a vivere. La Nutella in Italia è troppo buona. Però ci tengo a precisare che non la mangio tutti i giorni, mi raccomando!»

Faccia un fioretto: se la Roma vince lo scudetto smette.

«Impossibile, devo mangiarla per forza. Allora diciamo così: se arriviamo primi, tengo spenta la Playstation per un mese».

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