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ORA D’ARIA “Riflessioni sparse” di Paolo Marcacci

Ora d’aria di Paolo Marcacci

Roma non è mai stata giudicata per quello che vale e che è.

Solo per quello che rappresenta nell’immaginario altrui, in positivo e in negativo.

È un dato storico secolare, a giudizio di chi scrive, quindi riguardante ogni ambito; certamente, però, è valido quando si parla di Roma calcistica, con la sponda giallorossa che risulta sempre – per i detrattori della città – molto più identificativa di quella biancoceleste.

Il titolo de “La Padania” di qualche giorno fa, del resto, parla chiaro.

Il caso del pullman del Verona preso a sassate in tangenziale da alcuni balordi – gli stessi che infestano ogni altra piazza calcistica – è esemplificativo. La prima censura, la prima riprovazione, il primo moto d’indignazione con relativa dissociazione sono venuti dalla città. Dalla stragrande maggioranza della tifoseria ancor prima che dalle autorità. Questo però non fa audience, non crea polemica, non aiuta la propaganda leghista che da tempo è a corto di argomenti spendibili.

Tra l’altro, di fronte alla veemenza di certi attacchi politici filo-settentrionalisti, registriamo risposte timide e imbarazzate da parte delle autorità capitoline, ma questo è un altro discorso.

Quello che ci preme ribadire, ancora una volta, è che la nostra città è la prima a risentirsi quando un pugno di idioti fa scattare – con un atto di teppismo – la macchina del fango che buona parte del resto d’Italia non vede l’ora di scatenarle contro. Noi siamo quelli che defluirono con civiltà e senza isterismi quando il derby venne sospeso, che hanno applaudito i campioni altrui, come Baggio e Zola, che si inventarono l’ululato contro Klas Ingesson del Bologna, biondo che più biondo non si può, per depotenziare con ironia il razzismo da stadio.

Ci ferisce ogni demente che all’interno del raccordo si impegna per infangare il nome della città; al tempo stesso però non prendiamo lezioni – ci mancherebbe – da chi appende fantocci neri in curva minando un’impiccagione o da quei politici che usano toni guerreschi o triviali e poi fanno le verginelle quando un caso di cronaca gli torna utile per fare polemica.

Roma sa giudicarsi, a volte persino troppo severamente. Nessuno però si permetta di giudicarla, soprattutto quelli che per primi dovrebbero tacere.

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